Il sabato giapponese mette in scena un secondo quarto di finale a senso unico, ancor più di quello tra inglesi e australiani. La Nuova Zelanda offre uno spettacolo di quasi perfetta completezza e organicità, mostrando ventitré giocatori in altissima forma fisica e tecnica, con gli avanti capaci di inserirsi fluidamente nel gioco dei trequarti e i trequarti in quello degli avanti. La sfida di sabato prossimo contro gli inglesi sembra già quasi una finale, anche se dall’altra parte del tabellone squadre come Galles e Sud Africa conservano certamente qualche chance di trionfo finale.
A Tokyo grande spettacolo fin dall’inizio: stadio esaurito o giù di lì; sugli spalti anche Aki, il carismatico centro irlandese squalificato per un placcaggio alto, e l’ormai popolare Bak-San, con il torso stavolta colorato all black. Sembra che sia caduto dentro un pozzo di catrame e l’abbiano appena tirato fuori.
Al minuto di silenzio per le vittime del tifone (tante, più di settanta secondo l’ultimo conteggio) gli spettatori giapponesi chinano il capo e chiudono gli occhi.
L’haka (la presenza dei due cameramen con mega-microfoni nello spazio tra le due squadre stona sempre un bel po’, a nostro avviso) è sommersa dal gigantesco “The Fields of Athenry” intonato dai tifosi irlandesi; emotivamente l’effetto è forte, ma non riuscirà ad aiutare i verdi.
Iniziativa e possesso del pallone sono fin dall’inizio in mano kiwi. La Nuova Zelanda attacca con ordine e al 5’ passa in vantaggio su calcio di punizione, originato da un tentativo di intercetto trasformatosi in knock-on. Intanto Ringrose ed Henshaw si danno una capocciata e devono ricorrere alle cure del medico: sostituzione temporanea e fasciatura al capo per entrambi.
Gli All Blacks faticano inizialmente a trovare varchi verso la meta ma sono un piacere da vedere. E al 14’ sfondano, forse in maniera non del tutto regolamentare: dopo una serie di aperture al largo senza avanzamento, penetrazione al centro di Whitelock e poi di Read, Retallick pulisce con un’entrata apparentemente laterale, Owens lascia correre, arriva Smith come una faina e con due balzi si tuffa in meta poggiando il pallone proprio sulla linea. Mo’unga trasforma, 10-0.
I kiwi splendono anche in difesa, con i balzi in aria di Barrett e Mo’unga ad agguantare gli up&under e i calci in touche e con una lunga serie di placcaggi quasi senza sbavature (un placcaggio mancato su 76, diranno le statistiche all’intervallo).
Al 20’ la trequarti neozelandese frastorna quella verde con una rapida serie di incroci e passaggi in seconda linea d’attacco fino a pescare Bridge libero sulla fascia; l’ala salta in velocità due irlandesi che accorrono alla disperata e viene fermato solo dal terzo, Smith arriva, assorbe il tentativo di disturbo di Stockdale e si tuffa all’angolino sinistro ormai scoperto. E’ la seconda meta per il mediano di mischia tutto nero, 17-0.
Al 32’ va a segno anche Bauden Barrett: Lienert placca duro a metà campo, il pallone disarcionato carambola, Mo’Unga lo calcia verso la meta e il primo a piombare su esso è Barrett.
Ventidue a zero all’intervallo, 88% del gioco disputato nella metà campo gallese.
Risalire da tale profondità sembra come per Houdini risalire dal fondo del fiume Potomac incatenato detro ventidue gabbie di vetro.
Anche perché la padronanza NZ non si allenta neppure nel secondo tempo: al 48’ sono proprio i tutti neri a trovare la quarta meta con il tallonatore Taylor, lanciato da un perfetto inserimento e da un offload di Read.
Nell’ultimo quarto, a partita ormai chiusa (29-0) il tabellino si irrobustisce: al 61’ meta del neoentrato seconda linea Todd dopo una gran maul, un calcio di Mo’unga all’ala per Bridge e l’assist interno per Todd, in arrivo proprio dalla lontana maul (34-0); al 69’ meta di Henshaw per l’Irlanda, su passaggio del numero otto Stander partito dalla mischia (34-7); al 73’ meta di Bridge dopo azione di Savea e Coles (tutto in velocità: un terza linea, un tallonatore e un’ala: 41-7); al 76’ meta tecnica per l’Irlanda e giallo a Todd, reo di essersi tuffato in fuorigioco sul palo per impedire al pick&go irlandese di schiacciare la palla sulla base dello stesso (41-14); al 79’ meta di Jordie Barrett trovato libero al largo dal fratello Bauden, nonostante l’inferiorità numerica. Finale 46-14, sette mete a due.
Il riposo per la mancata partita contro l’Italia potrebbe avere aiutato la Nuova Zelanda? Forse. Un po’ di permessività di Owens potrebbe aver fatto lo stesso? Forse. Ma questa squadra ha impressionato per completezza, brillantezza fisica, bravura tecnica e pulizia di gioco e merita sicuramente, al pari dell’Inghilterra, un posto in semifinale.
NUOVA ZELANDA 46
IRLANDA 14
NUOVA ZELANDA: B.Barrett; Reece (Barrett J.), Lienert-Brown, Goodhue (52’ Williams), Bridge; Mo’unga, Smith A. (60’ Perenara); Read (capt), Cane (41’ Barrett S.), Savea; Whitelock, Retallick (56’ Todd); Laulala (48’ Ta’avao), Taylor (61’ Coles), Moody (48’ Tuungafasi).
Coach: Steve Hansen.
IRLANDA: Healey (48’ Kilcoyne), Best (capt, 63’ Scannell), Furlong (60’ Porter); Henderson (48’ Beirne), Ryan; O’Mahony (56’ Ruddock), Van der Flier, Stander; Murray (73’ McGrath), Sexton (62’ Carbery); Stockdale, Henshaw (22’-27’ Larmour), Ringrose (5’-10’ Larmour), Earls; Kearney (52’ Larmour).
Coach: Joe Schmidt.
Marcatori: 6’ cp Mo’unga, 14’ meta Smith tr Mo’unga, 20’ meta Smith tr Mo’unga, 32’ meta B.Barrett; 48’ meta Taylor tr Mo’unga, 61’ meta Todd, 69’ meta Henshaw tr Carbery, 73’ meta Bridge tr Mo’unga, 76’ meta tecnica Irlanda, 79’ meta J.Barrett.
Arbitri: N.Owens (assistenti Gauzere e Gardner).
Note: giallo a Todd (Nze) al 76’. Man of the match B.Barrett (Nze).