Top 12

La carezza e lo scappellotto del TOP12

Scritto da jpr

Chi merita un premio e chi va dietro la lavagna questa settimana in TOP12

E così siamo arrivati al giro di boa, giusto ad inizio anno, di questo avvincente e sempre più incerto TOP12. In barba ai malmostosi e a quelli che a prescindere giudicavano sbagliato l’allargamento a 12 squadre stiamo assistendo ad un enigma per solutori più che abili, come recitava una nota rivista qualche anno fa. Abbiamo davanti 4 squadre rannicchiate in due punti, una terza a…tiro di vittoria e, agli antipodi della classifica, 4/5 squadre che devono ancora contendersi la pagnotta della permanenza nella massima serie. Insomma, la noia è bandita e le uniche cattive notizie sono per i partecipanti al tradizionale Trofeo Pronostichella, che hanno davvero un lavoro difficile, e, purtroppo per i cassieri delle società. Si, perchè l’unica nota negativa sinora di questa stagione benedetta dall’incertezza e dall’equilibrio è la latitanza degli spettatori sugli spalti. Che hanno torto. E meritano montagne di scappellotti. Le carezze, invece, le meriterebbero molti, dopo questa giornata, a partire dai neri del Petrarca, che dopo un passaggio a vuoto concludono il girone dove meritano, per non parlare dei Bersaglieri, tornati prepotentemente protagonisti a suon di mete e vittorie. Finalmente, poi, si è svegliata anche Verona e a darle il bacio del risveglio non è stato certo un principe azzurro, ma il depresso Viadana, cui auguriamo di riprendersi prima di dargli uno scappellotto se dovesse servire. Ma stavolta la carezza voglio darla ad un ragazzo che merita un incoraggiamento dopo un periodo complicato che spero concluso.

La carezza della settimana va a: Paolo Pescetto e quella voglia di…-2
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Photo By Stefano Del Frate
www.stefanodelfrate.com

Paolino Pescetto è un ragazzo che sa quel che vuole. Lo ha sempre dimostrato da quando frequenta il nostro piccolo mondo ovale. Da sempre vuole giocare a rugby e da sempre vuole farlo in un ruolo preciso, quello di mediano d’apertura. Quindi si fa tutta la trafila per arrivare dove vuole e quando incontra un ostacolo non si ferma. Come quando, di fronte al no dell’Accademia (erano gli anni del famigerato progetto-statura…come se la classe si misurasse col doppio decimetro) sceglie, nonostante la giovanissima età, di andare altrove a cercare la propria strada. A Narbonne, in ProD2; un altro paese, un altro rugby, un’altra opportunità. Quest’anno è tornato in Italia, a Calvisano: è cresciuto, è cambiato, ma non è cambiata la sua idea fissa: diventare un bravo mediano di apertura. A Calvisano gioca e, dopo un discreto inizio, le cose cominciano a non girare a mille. Qualche errore di troppo, qualche lacuna di personalità per il livello. Insomma, nell’ambito di una squadra che sta andando male l’arrivo di un collega di ruolo di maggiore caratura e sicurezza, l’australe Sam Lane, non può che rimetterlo in secondo piano. Ma lui, come detto, non si perde d’animo: perde la sua 10 e con la 12 sulle spalle ricomincia un’altra volta la gavetta. Si impegna, le prestazioni sono buone, migliora anche molto nell’applicazione difensiva. Tutta scuola. Ieri una partita importante, decisiva, che alla fine porterà Calvisano, dopo una partenza orribile di stagione, a -2 dal vertice. Prima del match arriva la notizia: Sam Lane non sta bene e quindi, prima di Calvisano in classifica, è Paolino a scendere ad un personale -2: passa da quel 12 in cui si era ritrovato al “suo” 10. I timori non sono pochi, come la diffidenza del pubblico. Ma la partita parte e lui gioca, gioca bene, gioca meglio, gioca benissimo. Una prestazione convincente, di alto livello, condita da un preziosissimo 100% dalla piazzola (mica calci tutti facili quei calci; anzi!) che, alla fine, sarà la differenza rispetto alla squadra avversario. Con Paolino che con la sua maglia -2 e Calvisano che arriva a -2 in classifica si prende anche un meritatissimo premio come MoM: un bel tris che fa poker con la carezza di incoraggiamento al ragazzo: stupiscici, facci vedere che quel -2 lo vali in pieno!

Lo scappellotto della settimana va a: noi, il pubblico del rugby italiano.
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824. Un numero che è un fallimento di per sè e che, magari, è persino sopravvalutato. Questi 824 saremmo noi, quelli che mediamente ogni sabato o domenica riempiamo (si fa per dire) gli spalti degli stadi del TOP12. Non è questo il luogo per indagare le cause di un simile flop. Oltretutto in tanti ci provano a fare questa indagine, spinti più dalla voglia di trovare qualcuno a cui attribuire la colpa che di trovare delle soluzioni. Forse, anzi, proprio questa è una delle cause di problemi come questo: la genetica incapacità di fare squadra preferendo schierarsi per bande che si rinfacciano le colpe di tutto quello che non va. Io non cerco colpevoli, evidenzio un fatto e mi prendo personalmente la responsabilità di quella volta in cui ho fatto prevalere la pigrizia sulla voglia di sobbarcarmi una trasferta. Perchè quelli a cui manchiamo di rispetto e a cui facciamo mancare il sostegno (non un comportamento da rugbysti) rimanendo a casa non sono tanto la federazione o qualche capoccione che ci sta antipatico, ma, nell’ordine: noi stessi, che ci perdiamo uno spettacolo interessante e tecnicamente molto migliore di quanto i denigratori di professione vogliano far apparire, i ragazzi che scendono in campo e che si impegnano al meglio per dar corpo alla propria passione, i dirigenti delle piccole società che di continuo fanno i salti mortali, spesso rimettendoci del proprio, per far stare a galla la scialuppa. Riflettiamoci quando cerchiamo colpevoli e accusiamo sempre i soliti.

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jpr