A Padova gli Springboks sovrastano l’Italia: 6-35
C’è un’azione-simbolo che meglio di qualsiasi considerazione racchiude la sostanza della nostra inferiorità agli Springboks: siamo al 53’ e gli azzurri hanno un possesso consistente come accadrà per quasi tutto il match; siamo sulla soglia dei loro 22 e proviamo in tutti i modi ad entrarci, con tutti i possibili e tutti gli improbabili ball-carrier che abbiamo. Niente da fare: 1, 2, 3, 4, 5, 10, 15 fasi con tentativi di sfondamento che rimbalzano indietro sul muro Bokke come contro un muro di gomma. Poi palla persa. Ecco, basterebbe guardare questo minuto del match per avere la metà azzurra del racconto; la metà sudafricana è fatta di tanti kili in movimento dinamico, kili che vanno a contatto e avanzano, subiscono il contatto e lo respingono. Il rugby ha tante regole astruse, ma un solo concetto-cardine: per vincere devi guadagnare terreno e per farlo ci sono due soli strumenti, cioè il fisico o la tecnica (magari tutti e due). E’ chiaro che quando giochi contro avversari molto più fisicati dovresti provare a prevalere con la tecnica e l’imprevedibilità, vale a dire le due doti che, specie la seconda, appaiono al momento particolarmente carenti. Una carenza che appare particolarmente, come è logico che sia quando ci troviamo a confrontarci con squadre che rappresentano indiscutibilmente il gotha di questo sport.
Non avevamo cominciato male, in questo pomeriggio euganeo e piovigginoso: le premesse dell’incontro stavano in due numeri, vale a dire 883 e 940, vale a dire il tonnellaggio dei rispettivi pacchetti. E non c’è bisogno di attribuire i due numeri: i nostri avversari giocavano, sostanzialmente, con un medianino smilzo che si aggiungeva ad ogni mischia squilibrando di brutto un equilibrio che non poteva esserci. Quindi, si diceva, partiamo bene e giochiamo 10’ di controllo totale dell’ovale. In mancanza di punch fisico, come giusto, proviamo con la tecnica del capitano che cava dal suo strumentario un grubberino delizioso che ci procura un lancio sui loro 5 mt ed un successivo fallo che permette a Carlo Canna di portarci avanti per 3-0. La nostra marcatura sveglia i Bokke che senza alcuna fatica arrivano ai nostri 5 metri facendo la cosa più semplice, cioè caricare e guadagnare 3-4 metri ad ogni contatto finchè Louw finalizza con l’ultimo degli sfondamenti e Pollard trasforma il 3-7 al 15’. Reagiamo prontamente riportandoci di là e guadagnando un piazzato che trasformiamo in touche, dalla quale otteniamo un nuovo piazzato che Canna realizza al 20’ (6-7), e siamo ancora belli vivi. Ma su una cattiva manovra di restart e liberazione concediamo una mischia ai nostri 22, nella quale veniamo arati vivi facendo fallo. Touche per loro e maul inarrestabile che Mbonambi finalizza al 24’ (6-14). E comincia a mettersi male anche perché il possesso comincia a rarefarsi e l’inferiorità atletica non viene più compensata da ardore e tecnica. Al 34’ subiamo una serie di sfondamenti, finchè Pollard, giocando un vantaggio, tenta un cross-kick gratuito e un po’ buttato via. Hayward ci arriva comodamente, ma pasticcia, perde la palla indietro e regala a Venter la facile meta del 6-21 che, in pratica, ci spezza le gambe. Adesso, infatti, andiamo letteralmente in barca e rischiamo di subire un’altra meta che i nostri avversari falliscono per un eccesso di superficialità ed approssimazione. Così riusciamo a chiudere il primo tempo addirittura nei loro 22, dove Canna fallisce sciaguratamente un facile piazzato e si va negli spogliatoi.
Nell’intervallo le considerazioni che vengono in mente sono abbastanza scontate: siamo una squadra inferiore fisicamente e non disponiamo della tecnica e dell’imprevedibilità necessarie ad eludere una difesa fisicamente soverchiante, che respinge ogni nostro assalto come Gulliver faceva con gli spilli dei lillipuziani. Ci provano con grande generosità i nostri, soprattutto Parisse e Licata, ma la superiorità fisica dei nostri avversari e a dir poco annichilente.
La ripresa inizia nel modo più chiarificatore possibile: i nostri avversari prendono il pallino e non lo mollano, continuando ad avanzare con impatti pazzeschi contro i quali reagiamo solo facendo fallo. I Bokke arrivano ai 5 metri con una touche e dopo un paio di rusate (termine tecnico lombardo che significa spinte violente e brutali) è il roscio Kitschoff a penetrare come una valanga nella nostra povera linea di meta che viene sfondata per la quarta volta al 44’ (6-28). La quarta meta sembra placare l’appetito dei nostri avversari e noi ricominciamo a fare possesso sterile (in questa fase si verifica l’azione di cui parlavamo all’inizio), continuando a rimbalzare contro avversari inscalfibili; il solo coraggioso Tommy Castello riesce un paio di volte a guadagnare metri, ispirando anche Licata e Giammarioli che provano a fare lo stesso, ma si tratta per lo più di fiammate effimere e senza conseguenza, perché quando si arriva in zona meta le maglie difensive si stringono e per noi, che siamo di una prevedibilità straziante, è notte fonda. Facciamo, quindi, tanto possesso sterile che non fa altro che esaurire energie fisiche senza portare alcun risultato. Ai Bokke, invece, basta rifare sempre il solito giocone fatto di rusate per arrivare alla quinta meta di Franco Mostert che conclude sotto l’H e fissa il finale 6-35 al 77’.
Diciamolo, prendere 5 mete dagli Springboks, in fondo, ci sta. Ci sta anche subire sul piano atletico una squadra fatta di cristoni che mangiano costate di brontosauro a colazione, pranzo, merenda e cena. Quello che non va bene è la mancanza totale di varianti alla palla consegnata a Parisse o Licata e ci pensassero loro come possono. Chiaro che quando dall’altra parte trovano un muro di gomma acciaiosa non possono far altro che rimbalzare. I muri andrebbero aggirati, non percossi, a meno che non si sia delle palle da demolizione. Per aggirare i muri ci vorrebbero tecnica, imprevedibilità ed agilità. Qualche giocatore con queste caratteristiche ce l’avremmo anche, ed uno solo (Bellini) ieri era anche in campo, ma a mancare è una struttura di gioco in grado di innescarlo. Fatto sta che questo novembre di TM finisce più o meno come potevamo aspettarci: abbiamo costruito una struttura difensiva buona, siamo migliorati nella disciplina, sia tattica che regolamentare, ma siamo incapaci di marcare: in 3 partite abbiamo segnato una sola meta con un pilone. Serve puntare su altri giocatori ed altri schemi per migliorare da questo punto di vista. Speriamo che questa opportunità si concretizzi da qui a febbraio.
Sul piano delle individualità ieri si sono distinti l’ormai monumentale Castello e l’intero reparto di terza linea; in grande sofferenza la mischia, ma è giusto tenere in considerazione cosa c’era dall’altra parte. Una menzione di riguardo per Mattia Bellini, che in passato non ho mai mancato di criticare, che ieri ha provato, unico, a cercare di aggirare gente che non era possibile abbattere.
I Tabellini:
Padova, Stadio Euganeo – sabato 25 novembre 2017, ore 15.00
Crédit Agricole Cariparma Test Match
Italia v Sudafrica 35-6 (21-6)
Marcatori: p.t.10’ cp Canna (3-0), 14’ m Louw tr Pollard (3-7), 20’ cp Canna (6-7), 25’ m. Mbonambi tr Pollard (6-14), 37’ m Venter tr Pollard (6-21) s.t. 44’ m Kitshoff tr Pollard (6-28), 76’ m Mostert tr Jantjies (6-35)
Italia: Hayward; Esposito, Boni, Castello (72’ Minozzi), Bellini; Canna (56’ Mckinley), Violi (48’ Gori); Parisse (cap), Steyn (48’ Giammarioli), Licata; Budd, Fuser (70’ Minto); Ferrari (61’ Pasquali), Bigi (48’ Ghiraldini), Lovotti (48’ Zani)
all. O’Shea
Sudafrica: Coetzee; Leyds, Kriel, Venter, Skosan (61’ Gelant); Pollard (68’ Jantjies), Cronje (55’ Paige); Vermeulen, du Toit (75’ Du Preez), Louw F.; De Jager, Ezzebeth (cap) (61’ Mostert); Louw W. (66’ Louw), Mbonambi (61’ Ralepelle), Mtawarira (30’ Kitshoff)
all. Coetzee
arb. Poite (Francia)
Calciatori: Canna (Italia) 2/3, Pollard (Sudafrica) 4/4, Jantjies (Sudafrica) 1/1
Note: Giornata piovosa, cielo coperto. Spettatori presenti: 23.595
Man of the Match: Handrè Pollard (Sudafrica)
jpr