Era quello che speravamo, almeno 1 su tre, confermare un po’ di crescita, battere le Figi (che comunque ci sono avanti nel ranking di 5 posizioni), giocarsela il più possibile al meglio nelle altre due partite. Bilancio in “pareggio” anche se ci sono più sconfitte? Bicchiere mezzo pieno? Noi diciamo di sì.
The Good
Il “collega” scrivente Sbrocco attribuisce su Rugbymeet al buon Sergio Parisse un 5 in pagella. Dal nostro piccolo blog non capiamo la bocciatura e invece abbiamo visto in campo un monumentale capitano, sempre presente e spesso travolgente alla sua maniera. Insomma, il solito conducator capace di prendersi un gruppo tutto sommato abbastanza nuovo sulle spalle e fargli fare comunque una prestazione, una serie di prestazioni di livello buono per quanto riguarda cuore ed intensità in campo.
Certo poi con il latte che si ha, con le uve che si raccolgono si fa il formaggio e il vino che riesce. Sempre possibile migliorare ma la base di partenza è che di Sergio ce n’è uno, ancora per oggi, e lui resta l’unico, nostro, vero fuoriclasse.
The bad
Tu chiamala se vuoi: exit strategy. Troppe volte abbiamo visto la nostra nazionale in grandissima sofferenza durante situazioni controllate. Parliamo ad esempio dei calci di ripartenza. Ci sta subire la pressione e magari non riuscire a calciare subito, ma se riceviamo palla nei nostri 22, tanto più da calcio di avvio da metà campo, si deve riuscire assolutamente ad uscire da questa situazioni con sicurezza, liberando bene e lungo al piede.
Invece siamo stati spesso in grandissima sofferenza, utilizzando (male) il calcio dalla base, tentando di muovere la palla per calciare in posizione migliore con delle mini unit e perdendo palloni in avanti in zona rossa. Questa situazione del nostro gioco va assolutamente sistemata, rientra tra quelle cose che non si possono non avere.
Questione di rispetto
Quando Marat Safin si ritirò dal tennis, al termine di una buonissima carriera finita per altro molto presto per vari problemi, a rendergli omaggio c’erano una serie di giocatori del presente e del passato, da Rosset a Del Potro, da Costa a re Novak.
Safin è stato un gran giocatore ma rimasto un po’ nell’ombra di altri (ancora più) grandi dell’epoca. Evidentemente però in tanti hanno voluto rendergli onore, rispettandolo. E lui ha risposto con semplicità, umiltà (qualità tipiche del campione che sa “farsi rispettare”): “Grazie di aver passato del bel tempo insieme”. Ci piacerebbe che questa semplicissima frase echeggiasse ad ogni incontro di rugby, dai tornei propaganda al 6 Nazioni, tra giocatori e tifosi. Ci piacerebbe che anche uscendo sconfitti, ma avendo dato tutto, si fosse sempre certi di aver rispettato sé stessi e il pubblico, non essendo là per caso ma per rendere onore alla partita in campo e a quella più generale fuori dal campo.
Questione di rispetto 2
Bello. Bellissimo vedere quel coro di 100 voci cantare l’inno nazionale sudafricano prima di Italia – Sudafrica. Bello sentire lo speaker dello stadio dire “Welcome Sprinboks”. Bello che si sia dato maggiore omaggio a loro con le 100 voci e a noi una piccola parte, da ospitanti, con una voce sola.
Bello sentire quell’inno così carico di simbologie, nelle sue tre lingue, che rappresenta il corso lungo, difficile degli ultimi decenni in terra Bokke. Bravi.
Rugby policeman
In Nuova Zelanda, terra di rugbysti, può capitare di incontrare un poliziotto abile nel placcaggio. Qui abbiamo una dimostrazione di auto-placcaggio su moto-placcato. La tecnica è buona, anche se un po’ di spalla, chiediamo l’intervento del Tmo per verificare meglio l’azione…
Manuele Grosso