L’Eire e la storia della Foireann náisiúnta rugbaí na hÉireann
Eire è il nome gaelico dell’isola di smeraldo unita e senza posticce imposizioni di confini coloniali; attualmente, dal punto di vista politico, designa solo la parte meridionale della nazione, con capitale Dublino, ma, dal punto di vista del comune sentire popolare, è il nome della nazione unita senza occupanti stranieri. A causa di questa distinzione politica la sua squadra di rugby unitaria è oggi rappresentata dal vessillo delle quattro province d’Irlanda anziché da una bandiera nazionale. La squadra di rugby è, infatti, l’unica entità sportiva che rappresenti l’Irlanda intera senza divisioni fra la libera Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del nord sotto dominazione inglese. Il nome gaelico che compare nel titolo è quello, infatti, della nazionale irlandese di rugby alla quale ci apprestiamo a fare visita in questo penultimo appuntamento del 6 Nazioni. Una squadra antica, una delle originarie, capace di vincere il torneo, nelle sue varie composizioni, per 21 volte, fra cui le ultime due consecutive, una delle presenti a tutte le edizioni di Coppa del Mondo; proviamo a conoscere meglio la sua lunga e gloriosa storia.
Gli albori
In Irlanda il rugby, inventato nell’aliena Inghilterra, trovò terreno fertile appoggiandosi sulla preesistente tradizione del caid, antenato del football gaelico, per molti aspetti simile al nostro sport ovale. Attorno al 1850 questa tradizione si sostanziò nella nascita della prima squadra di rugby irlandese all’interno della Dublin University. Inseguito molti altri istituti universitari del Paese formarono la propria squadra, sino a che, nel 1874, nacque la IRFU, Irish Rugby Football Union. L’anno successivo, il 15 febbraio 1875, la neonata nazionale irlandese (che vediamo ritratta sopra) esordì contro l’Inghilterra perdendo per 7-0 a Londra. Come già detto in una precedente puntata si trattava di un rugby assai diverso da quello attuale: scendevano in campo 20 giocatori per parte e lo svolgimento dell’incontro era decisamente caotico e lasciato al libero governo dell’arbitro, molto più di quanto avvenga oggi. Nel dicembre dello stesso anno gli inglesi restituirono la visita, vincendo ancora per 4-0. In questi primi anni la nazionale irlandese perde sempre e sempre senza segnare punti: accadrà di nuovo ancora con l’Inghilterra e poi con la Scozia che, nel 1877, sconfisse gli irlandesi addirittura per 20-0. Bisogna arrivare al 19 febbraio 1881 per vedere la prima vittoria irlandese dopo ben 10 sconfitte: a Belfast è ospite la Scozia che perde per 3-1 e l’anno successivo finalmente arriva anche la prima non-sconfitta contro l’Inghilterra: un pareggio per 2-2. Tutto è pronto, nel 1883, per la prima edizione dell’Home Nations Championship, cui la squadra del trifoglio prende parte, e che non avrà una classifica ufficiale. Sono anni piuttosto avari di soddisfazione per la disorganizzata squadra irlandese: nel torneo del 1884, addirittura, in occasione dell’incontro di Cardiff contro il Galles, due giocatori irlandesi sbagliano strada e non si presentano, cosicchè i padroni di casa, con grande generosità, decidono di “prestare” due dei loro agli ospiti perché il match si possa disputare. Nel torneo del 1887 l’Irlanda coglie il primo grande successo sull’Inghilterra, che è anche la prima vittoria nello stadio dublinese di Lansdowne Road: vittoria per 6-0 che rappresenta la seconda vittoria in 25 incontri sin qui disputati. Faticosamente la squadra irlandese cominciava, così, a crescere nei valori e nei confronti: nel 1888 arrivò anche la prima vittoria contro il Galles che fu un buon viatico per l’ingresso nel decennio successivo, quando si registrò una buona crescita della squadra. Nel 1894 l’Irlanda adottò il modulo di gioco inventato dai gallesi che prevedeva sei giocatori avanzati e sette arretrati e che aveva consentito ai Dragoni una stagione di successi. Quell’anno se ne videro subito i risultati perché l’Irlanda vinse il suo primo championship con Triple Crown, vale a dire 3 vittorie su 3. L’anno successivo fu assai meno brillante, ma nel 1896 arrivò un altro successo. All’inizio del secolo tutte e quattro le squadre potevano comunque vantare un successo complessivo nel torneo e l’Irlanda, che all’inizio era una sorta di cenerentola, aveva ormai conquistato pari dignità con le avversarie. Nel 1905 il mitico tour degli All Blacks denominati “Originals” fece tappa anche a Lansdowne Road dove ben 12.000 spettatori assistettero alla vittoria per 15-0 degli ospiti, il primo contatto con il rugby down under. Nel 1909 l’Irlanda affrontò per la prima volta anche la Francia, battendola per 19-8 e fu questo anche il primo assaggio, per i verdi, del nascente 5 Nazioni che avrebbe visto la luce l’anno successivo. Così nel 1912 gli irlandesi potettero avere la soddisfazione di vincere il loro primo 5 Nazioni. Fu l’ultimo successo prima della Grande Guerra.
Il primo dopoguerra
Si dovette attendere il 1920 per la ripresa del 5 Nazioni e per la nazionale irlandese arrivò l’umiliazione del whitewash. In effetti gli anni del primo dopoguerra furono costellati di sconfitte e delusioni; nel torneo del ’22 gli irlandesi, che avevano perso contro le altre 3 britanniche, arrivarono a giocarsi l’8 aprile un match decisivo contro la Francia per evitare il cucchiaio di legno. Fu una partita durissima, caratterizzata da gioco violento soprattutto ad opera degli irlandesi, che riuscirono a prevalere per 8-3. Ma questo match determinò fra le due squadre rapporti tesissimi destinati a condizionare gli incontri degli anni successivi. Nella partita del torneo del ’24 il terza linea e capitano irlandese Collopy (foto sopra) placcò violentemente il centro francese Crabos rompendogli una gamba e ponendo fine alla sua carriera; sui giornali francesi comparvero accuse durissime al gioco violento degli irlandesi. L’anno successivo le cose si calmarono quando gli irlandesi vinsero a Parigi giocando un match correttissimo e uscendo applauditi dal rettangolo di gioco. In realtà la squadra irlandese era molto migliorata nel gioco, tanto da riuscire a trionfare nell’edizione 1926 del torneo e a ripetersi in quella successiva, in entrambi i casi a pari merito con la Scozia. A questo punto si può dire che la nazionale irlandese aveva conquistato uno status ed un livello di competitività paragonabile a quello delle altre 3 britanniche, superiore a quello della Francia, mentre restava sempre perdente il confronto con le nazionali dell’emisfero sud, capaci di battere regolarmente l’Irlanda ogni volta che la incontravano. Avvenne con gli All Blacks nel ’25 (6-0), con gli Springboks nel ’31 (8-3) e con l’Australia nello stesso anno (5-3). Dopo una serie di risultati altalenanti, senza infamia e senza lode, arrivò un nuovo successo nel 5 Nazioni del 1932, bissato nel 1935 quando, però, il torneo era tornato ad essere l’originario Championship causa l’esclusione della Francia per l’accusa di professionismo. Nel 1939 fu proprio l’Irlanda a vincere l’ultimo torneo prima della forzata pausa per la seconda guerra mondiale.
Il secondo dopoguerra
L’attività internazionale riprese nel 1947 con il torneo ridiventato delle 5 Nazioni a seguito del ritorno della Francia. Già nel torneo del 1948 la nazionale irlandese tornò al successo conquistando anche il primo grande slam della sua storia: capitano di quella squadra era Karl Mullen, che vediamo ritratto sopra, uno dei giocatori più forti e carismatici della storia del rugby irlandese. Questa vittoria segnò l’inizio di uno dei periodi migliori per la nazionale del trifoglio, capace di conquistare la triple crown nel 1949 riuscendo nella singolare impresa di impiegare per tutta la durata del torneo soli 19 giocatori, un record difficilmente avvicinabile. Nel 1951 arrivò un nuovo trionfo in cui lo slam fu mancato solo in virtù di un pareggio a Cardiff contro il Galles e, nello stesso anno, l’Irlanda tornò a misurarsi col rugby dell’emisfero sud per riscontrare che il passare del tempo non aveva accorciato le distanze: l’8 dicembre 1951 il Sudafrica vinse a Lansdowne road col netto punteggio di 17-5. Nel 1954 la politica cominciò a fare capolino nella storia del rugby irlandese: in occasione della partita contro la Scozia, da disputarsi al Ravenhill Stadium di Belfast il 27 febbraio, il capitano Jim McCarthy disse al presidente della I.R.F.U. che 11 giocatori della squadra si rifiutavano di accettare l’esecuzione dell’inno inglese God save the Queen: si convenne di utilizzare una short version dell’inno, nota come “Salute” e si decise che non si sarebbe più giocato in Ulster, dov’era utilizzato l’inno inglese. Solo nel 2007 si ritornò a giocare a Belfast in occasione di una partita contro l’Italia. Seguirono anni di alterne fortune per il XV del trifoglio che possiamo catalogare come senza infamia e senza lode. Nel 1958 arrivò uno storico successo contro i Wallabies che furono sconfitti a Dublino per 9-6: si trattava della prima vittoria contro una squadra dell’emisfero sud. Nello stesso anno, però, arrivò anche un poco ambito cucchiaio di legno che, fino al 1964, diventò una triste abitudine per la squadra irlandese. Negli stessi anni arrivarono anche molteplici sconfitte contro le squadre dell’emisfero sud, che si interruppe nel 1965 con la prima vittoria storica contro gli Springboks per 9-6 grazie ad un calcio piazzato di Tom Kiernan a tempo praticamente scaduto. Nel 5 Nazioni, invece, i risultati continuavano ad essere deludenti e tali furono sino alla fine del decennio con l’eccezione del 1969 che vide un ritorno alla competitività suggellato dalla prima vittoria contro la Francia dopo 10 anni. Alla fine di questo ciclo altalenante la federazione decise di correre ai ripari nominando il primo coach ufficiale della nazionale nella persona di Ronnie Dawson.
Gli anni ’70 e ‘80
L’inizio degli anni ’70 dimostrò che la squadra si stava rinnovando e tornava alla competitività; il decennio si aprì con un pareggio contro gli Springboks, mentre il torneo continentale vide un paio di edizioni giocate a buon livello con un accettabile tasso di vittorie. L’edizione del 1972, però, vide l’intervento nelle vicende rugbystiche di un evento del tutto estraneo: il 30 gennaio di quell’anno fu la Domhnach na Fola, la domenica di sangue. Le truppe d’assalto inglesi spararono su una folla di pacifici manifestanti a Derry uccidendone 13, fra cui alcuni minorenni, e ferendone molti altri. A Dublino l’ambasciata inglese venne data alle fiamme e l’esercito indipendentista irlandese, l’I.R.A., minacciò apertamente di colpire la sicurezza delle squadre che fossero venute a giocare in Irlanda. Galles e Scozia si rifiutarono di affrontare il rischio, con la conseguenza che il torneo non si concluse regolarmente. Anche l’anno successivo la tensione era altissima, ma il torneo riuscì a svolgersi egualmente regalando un esito davvero unico e sorprendente: tutte le squadre vinsero i propri incontri casalinghi e, quindi, tutte vinsero a pari merito. Ma il 1973 segnò anche la prima non-sconfitta in un match contro gli All Blacks: il 20 gennaio Lansdowne Road vide un 10-10, che non si trasformò in vittoria a causa di una raffica di vento che causò il fallimento di una trasformazione. Nel 1974, finalmente, la nazionale irlandese tornò alla vittoria del torneo e, alla fine di quell’anno, Dawson lasciò la guida della squadra a Roly Meates che, a sua volta, nel 1977 lasciò il posto a Noel Murphy. Nessuno di questi coach, però, riuscì ad ottenere risultati positivi, cosicchè, nel 1980 fu nominato coach un ex leggenda del rugby irlandese come Willie John McBride. Nel 1982, dopo un faticoso rodaggio, McBride portò l’Irlanda a rivincere il 5 Nazioni, ma nel 1984 cedette il ruolo a Mick Doyle che nel 1985 conquistò una nuova vittoria nel torneo. In tutte le vittorie degli anni ’80 e con tutti i diversi allenatori che si succedettero l’unico elemento comune fu la presenza di una costante guida in campo: il capitano e leader by example Ciaran Fitzgerald, tallonatore dal carattere deciso e dal fisico indistruttibile, uno dei sempre presenti e sempre capaci di guidare gli altri come vediamo nella foto sopra. Nel 1987 l’Irlanda partecipò alla prima edizione della Coppa del Mondo arrivando ai quarti di finale, dove la loro strada fu sbarrata dai Wallabies che la eliminò col punteggio di 33-15. Al termine dell’avventura mondiale Doyle lasciò la panchina a Jim Davidson, che dovette gestire un altro periodo assai avaro di soddisfazioni.
Gli anni ’90 e l’avvento del professionismo
Nel 1990 Ciaran Fitzgerald assunse il ruolo di head coach, ma l’ex grande capitano non riuscì a ripetere dalla panchina i grandi risultati conseguiti sul campo. Nel ’91, per preparare la Coppa del Mondo, fu organizzato un tour in Namibia dove gli irlandesi conobbero due clamorose ed imprevedibili sconfitte ad opera dei poco quotati padroni di casa. Le cose andarono un po’ meglio nella Coppa, dove l’esito fu lo stesso di quattro anni prima. Ai quarti di finale l’Irlanda incrociò nuovamente l’Australia che, con una meta di Lynagh a pochi minuti dalla fine eliminò i verdi che stavano vincendo per 18-15. L’anno successivo Fitzgerald lasciò il posto a Gerry Murphy. I risultati furono assai deludenti: arrivarono innumerevoli sconfitte nei confronti con le squadre downunder e nel 5 Nazioni; addirittura, il 6 maggio 1994, l’Irlanda fu battuta a Treviso dall’Italia, che allora disputava la coppa F.I.R.A., col punteggio di 22-12. Nella Coppa del Mondo sudafricana del 1995 arrivò la solita eliminazione ai quarti di finale, stavolta contro la Francia per 32-16. A quel punto, per la prima volta, fu nominato un tecnico non irlandese nella persona del neozelandese Murray Kidd. E’ questa l’epoca dell’introduzione del professionismo, evidentemente non ben assorbito dal rugby irlandese. Dal ’96 al ’98 arrivarono 3 cucchiai di legno consecutivi nel 5 Nazioni: in 3 edizioni arrivò una sola partita vinta contro il Galles per 26-25. La federazione prova di continuo a cambiare tecnico per cercare di invertire la rotta: dopo Kidd, nell’arco di pochi anni, arrivano Brian Ashton e Warren Gatland. Sono anni di grandi delusioni che culminano con una sconfitta casalinga persino contro Samoa con l’eloquente punteggio di 40-25, oltre a due altre sconfitte contro l’Italia che, proprio in quegli anni, cercava una legittimazione alle proprie aspirazioni di partecipare al maggior torneo continentale. Anche la Coppa del Mondo del 1999 fu avara di soddisfazioni: una sconfitta nello spareggio per accedere ai quarti contro l’Argentina (28-24) sbarrò la strada alla squadra irlandese. La federazione si rendeva conto di come il passaggio al professionismo fosse stato male assorbito dal rugby d’Irlanda; la prima mossa per adeguarsi fu la trasformazione delle quattro provincie in squadre di club, che vennero dotate di adeguati mezzi finanziari per consentire loro di trattenere in patria i migliori talenti, altrimenti tentati dall’espatrio. A loro volta le squadre di club svilupparono una efficace funzione di “cinghia di trasmissione” fra squadre territoriali e scuola da una parte e nazionale dall’altra. Agli inizi del 2000, quando, fra l’altro, l’ingresso dell’Italia trasformò il 5 in 6 Nazioni, questo lavoro di base cominciava a dare i suoi primi acerbi frutti. Il torneo del 2001 vide la nazionale del trifoglio sfiorare la vittoria, sfumata solo a causa della peggiore differenza punti rispetto all’Inghilterra pur battuta nello scontro diretto; solo una sconfitta per 32-10 contro la Scozia impedì la conquista del grande slam. I risultati cominciavano ad arrivare e la federazione ritenne conclusa la necessità di utilizzare tecnici stranieri, cosicchè Warren Gatland venne sostituito da Eddie O’Sullivan. Dopo una serie di sconfitte nel tour downunder, l’Irlanda sfiorò nuovamente la vittoria del 6 Nazioni del 2003, compromessa da una pesante sconfitta a Lansdowne Road contro l’Inghilterra che avrebbe poi conquistato la Coppa del Mondo in Australia. Anche l’Irlanda partecipò a quell’edizione, conseguendone l’ormai consueto approdo ai quarti, dove il cammini fu interrotto dalla Francia che la sconfisse 43-21. E’ un’epoca, questa, in cui l’Irlanda si mantiene ad alto livello senza, però, riuscire ad emergere; anche nel 2004 arriva un altro secondo posto nel torneo continentale alle spalle della Francia che realizza il grande slam. Il buon livello della squadra fu comunque confermato dalla conquista della triple crown, culminata con la vittoria contro i neo-campioni del mondo inglesi e da una vittoria contro il Sudafrica per 17-12. Il momento sembrava arrivare e l’Irlanda si presentò con grandi ambizioni al torneo del 2005, ma, dopo un incoraggiante avvio caratterizzato da 3 vittorie arrivarono la sconfitta interna contro la Francia e quella a Cardiff contro il Galles che la regalarono al terzo posto. Il 2006 fu vissuto come un anno di preparazione alla Coppa del Mondo dell’anno successivo: O’Sullivan mutò radicalmente l’impostazione di gioco della squadra, potenziando notevolmente la manovra del reparto arretrato dove si stava mettendo in luce un giocatore che sarà destinato ad essere uno dei più grandi della storia del rugby mondiale e non solo irlandese: il formidabile centro Brian O’Driscoll che vediamo ritratto nella foto più sopra. Insieme ad altri fortissimi giocatori come i mediani Stringer e O’Gara, e gli avanti O’Kelly e O’Connell rappresentò lo stimolo che diede alla federazione l’idea di formare il cosidetto “High performance select group”, inteso come nucleo di giocatori di particolare interesse di cui la federazione stessa incoraggiava l’inserimento nelle squadre di club ed il percorso di avvicinamento alla nazionale maggiore. Il lungo lavoro di O’Sullivan e della federazione venne finalmente raccolto dal successore Declan Kidney, subentrato nel 2009 all’indomani della deludente Coppa del Mondo 2007 in cui non fu superato il girone eliminatorio edel 6N 2008: nel 2009, dopo 24 anni l’Irlanda tornò in cima all’Europa vincendo il torneo continentale. Il 2011 vide il grande O’Driscoll raggiungere il record del maggior numero di mete mai segnato da un giocatore nel torneo continentale e Ronan O’Gara superò la soglia dei 1000 punti segnati in carriera entrando a far parte di un ristretto club di fenomeni. Nella Coppa del Mondo di quell’anno, dopo uno straordinario girone eliminatorio culminato con la vittoria per 15-6 contro l’Australia, arrivò l’eliminazione ai quarti contro il Galles per 22-10. Dopo un deludente 6 Nazioni, poi, Kidney fu sostituito dal neozelandese Joe Schmidt che, poco dopo il suo arrivo, sfiorò un’impresa ai limiti dell’impossibile. In una indimenticabile partita a Lansdowne Road l’Irlanda perse 24-22 contro gli All Blacks, sconfitta maturata dopo un calcio di trasformazione prima fallito e poi ripetuto dai tuttineri a tempo scaduto. La forza del team di Schmidt fu confermata dalla vittoria nel successivo 6 Nazioni del 2014: a Parigi, all’ultima giornata, fu decisiva la vittoria per 22-20 nel giorno del ritiro dell’immenso capitano O’Driscoll. L’Irlanda si confermò anche nel 2015 grazie alla miglior differenza punti rispetto a Galles e Inghilterra e approdò ai quarti nella Coppa del Mondo giocata in Inghilterra dove fu sconfitta 43-20 dall’Argentina. In questo 6 Nazioni la squadra irlandese sembra arrivata alla fine di un ciclo: sinora ha collezionato 1 pareggio e due sconfitte: è ad un animale ferito e perciò assai pericoloso che l’Italia si appresta a fare visita.
jpr