Nazionali

Italia in piedi, ma sempre sconfitta: 41-18 a Twickenham

Scritto da jpr

Contro un’Inghilterra pessima e fallosa l’Italia riesce a tenere, ma il risultato non cambia

E sono 29, con questa, le sconfitte consecutive degli azzurri nel torneo più antico del mondo. Questa, almeno, non è di quelle catalogabili come catastrofiche; non come l’ultima con la Francia ad esempio. Rimane solo il dubbio se la sconfitta di oggi, invero assai meno pesante di quanto tutti ci attendevamo, sia da ascrivere nelle sue dimensioni tollerabili più ad una buona Italia o ad una pessima Inghilterra. Non vorremmo passare per i soliti catastrofisti, ma è netta l’impressione che la seconda sia la risposta corretta: mai visti da molto tempo a questa parte gli uomini di Eddie Jones tanto inefficaci, confusionari e fallosi. Per parte loro gli azzurri, comunque, hanno difeso meglio di sabato scorso e sono riusciti a combinare anche qualcosa di discreto in attacco. Sempre troppo poco per quel che sarebbe richiesto a questo livello, ma comunque meglio di niente. Sono consolazioni da poveretti, è vero, ma questo siamo e questo possiamo.

Il sospetto che questa Inghilterra non fosse poi così tremenda come eravamo abituati a considerarla, in realtà, ce lo aveva fatto venire già la Scozia che 7 giorni fa aveva portato via addirittura una vittoria su questo campo. E la partenza del match, agli ordini neanche a farlo apposta di uno scozzese, Mike Adamson, sembra andare in questa direzione. E’ l’Italia ad avere l’iniziativa e l’Inghilterra rincula commettendo ben due falli nel giro di un minuto sull’azione che porta sorprendentemente in vantaggio l’Italia con una meta al largo dell’australiano-samoano Ioane che al 2’ fa girare per primo il tabellino sullo 0-5, con conversione errata di Garbisi. La reazione inglese è veemente e pasticciata (come sarà tutta la partita dei nostri avversari) e determina un calcio di punizione per un fallo al breakdown che Owen Farrell mette fra i pali all’8’ (3-5). Sull’abbrivio i bianchi continuano ad attaccare arrivando a pochissimo dal try con Itoje, ma respinti approfittano di un nostro fallo per imbastire una serie interminabile di pick&go conclusi oltre la linea fatale da Jonny Hill al 13’ con Farrell che non centra i pali (8-5). Ma la fallosità inglese rimane una costante del match e ci porta in touche nella metà campo bianca: sul lancio portiamo a terra e gli inglesi si fanno pizzicare di nuovo in fallo in zona centrale. Garbisi non si fa pregare e pareggia al 19’. E’ evidente che non siamo di fronte alla solita Inghilterra ferina e precisa. Gli inglesi perdono spesso banalmente la palla in avanti, effettuano passaggi fuori misura e commettono falli a ripetizione che a questo livello provocherebbero una sconfitta a chiunque avesse di fronte un avversario in grado di approfittarne. Cosa che purtroppo l’Italia di Franco Smith non è. Così pur tossicchiando il motore  inglese gira arrivando ad una quasi meta sventata con buona prontezza e acume da Carlo Canna che annulla in area di meta una palla che sembrava pronta ad essere schiacciata, ma al 25’ la difesa si apre in due come una mela davanti ad Anthony Watson che sfrutta una superiorità enorme al largo e taglia verso l’interno guardato da lontano da Ioane e Canna (15-8). Per lunghi tratti poi si gioca a ciapanò con squadre che distruggono da sole ciò che producono. Cosa che non stupisce nel nostro caso, ma che per gli inglesi dev’essere una novità assoluta che li innervosisce alquanto peggiorandone, se possibile, precisione e disciplina, sia dal punto di vista regolamentare che tattico. Ma proprio quando sembrava di poter andare negli spogliatoi con un risultato insperatamente “aperto” gli inglesi cavano fuori al 40’ una rocambolesca meta al largo con Jonny May che la prende in velocità e salta Sperandio come un ostacolista olimpico e schiaccia mandando tutti negli spogliatoi sul 20-8.

La valutazione dell’intervallo è che la partita è proprio tanto brutta, ma proprio tanto. Piena di errori, falli, ingenuità e nervosismo da sembrare non all’altezza del palcoscenico. Anche i ritmi di gioco sono blandi: gli inglesi vanno a due pistoni e a noi, che abbiamo problemi enormi quando i giri-motore salgono oltre certi livelli, va bene così, come se fosse una manna dal cielo. Ma è innegabile che si tratta di uno spettacolo piuttosto modesto.

Ci prova a migliorare le cose l’Inghilterra che, probabilmente strigliata a dovere dal suo tecnico (non noto certo per essere un compagnone), riparte come un missile al restart. Ma è uno di quei missili sperimentali che partono dalla rampa e a metà traiettoria si incurvano per crashare a terra perché dopo un paio di buoni passaggi e rotture di placcaggi i bianchi si incartano da soli con scelte ed esecuzioni non all’altezza. Così in scena riusciamo a starci persino noi che dopo una buona azione all’ala partita da un bel kick-pass di Garbisi accorciamo grazie al piede dell’apertura trevigiana al 43’ sul 20-11 sfruttando l’ennesimo fallo inglese. Incredibile, siamo nel secondo tempo e siamo ancora vivi e gli inglesi non ne azzeccano una vanificando possessi che in altri tempi sarebbero stati ben più fruttuosi. Il gioco ristagna, si scamuffa e intorcina fra errori reciproci senza costrutto: quando le partite si avviluppano così spesso è la giocata jolly a rompere gli equilibri e sono Paolino Garbisi e Anthony Watson a confezionarla: il primo con un passaggio col prefisso ed il secondo che intercetta la telefonata all’altezza dei propri 22 e parte come un treno con fermata sotto i nostri pali: 27-11 al 49’ ed è una botta per il nostro morale nel momento in cui cominciavamo a riconoscere la “giocabilità” dell’avversario ritenuto ingiocabile. Dopo 10’ in cui gli inglesi ci vanno vicino la loro mischia conquista un penalty poco fuori dai nostri 22; gli azzurri stolidamente si mettono a litigare con gli avanti inglesi e Robson, subentrato ad un osceno Youngs, gioca veloce arrivando a un dito dalla meta; di lì solita serie di pick&go e Jack Willis la mette oltre per il 34-11 al 61’. Fa male pensare che un’Inghilterra così di bassissimo livello ci stia distanziando comunque di più di 20 punti e probabilmente è questo a stimolarci a fare la cosa più bella di tutta la partita: al 65’ giochiamo una mischia poco fuori dai 22 e il mediano italo-gallese Varney la tira fuori servendo il superbo angolo di Federico Mori lanciato come un ossesso che rompe due placcaggi, impegna un terzo difensore e serve l’accorrente liberissimo Tommy Allan per una meta davvero di pregevole fattura che ci porta sul 34-18. Potrebbe finire qui, in fondo: gli inglesi il bonus lo hanno comunque fatto e non meriterebbero di darcene di più. Invece al 67’ arriva la meta di Elliott Daly che sfrutta lo spazio prodotto da una delle poche efficaci cariche centrali del pack e viene servito al largo per una comoda penetrazione che vale il 41-18. Succede poco o nulla, anche se quel poco sono solo gli inglesi a provarlo perché noi adesso non proponiamo più nulla. Sipario.

Difficile giudicare una partita così anomala contro un avversario talmente al di sotto degli standard a cui siamo abituati a vederlo da rendere arduo misurare lo spessore della nostra prestazione. Certo, rispetto alla catastrofica partita dell’esordio una sconfitta normale sembra un miglioramento. Una consolazione da poveretti, ma tant’è. Qualcosa di buono comunque lo si è visto dalla competitività delle fasi statiche, con mischia e touche che hanno retto benissimo contro un avversario che di solito è letale in questi fondamentali. Anche la difesa ha tutto sommato saputo arginare il peggio in molti momenti. Benchè 41 punti da QUESTA Inghilterra non so quanti li avrebbero subiti. Per dire, la Scozia la scorsa settimana ne ha incassati solo 6 senza concedere una meta. Qualche buona manovra in attacco, certo, e negli occhi la bellissima meta di Allan. Ne facciamo col contagocce, ma spesso di molto belle. Peccato che il rugby non sia un concorso di bellezza. Fra i singoli è giusto citare il rientrante Lovotti che è stato buonissima parte della prestazione della mischia chiusa, mentre dietro è sempre lodevole Carlo Canna. Tutti comunque hanno tenuto un livello dignitoso, cosa non scontata dopo l’orribile esordio. Gli inglesi, per dirla con un tecnicismo, sono apparsi una chiavica inguardabile. Adesso sosta e poi si ricomincia. Speriamo, via. In fondo prima di questa partita era lecito aspettarsi di essere asfaltati. Evidentemente gli inglesi avevano l’asfaltatrice in manutenzione.

I TABELLINI:

13-02.-21 – Twickenham – Secondo turno 6 Nazioni

INGHILTERRA-ITALIA. 41-18

Marcatori: p.t. 2′ m. Ioane (0-5); 8′ c.p. Farrell (3-5); 14′ m. Hill (8-5); 20′ c.p. Garbisi (8-8); 26′ m. Watson tr. Farrell (15-8); 40′ m. May (20-8); s.t. 3′ c.p. Garbisi (20-11); 9′ m. Watson tr. Farrell (27-11); 20′ m. Willis tr. Farrell (34-11); 24’ m. Allan tr. Allan (34-18); 27′ m. Daly tr. Farrell (41-18).
Inghilterra: Daly; Watson, Slade, Farrell (cap), May; Ford, Youngs (11′ st Robson); B. Vunipola (18′ st Willis; 24′ st Malins), Curry, Lawes (18′ st Earl); Hill (11′ st Ewels), Itoje; Sinckler (33′ st Stuart), Cowan-Dickie (12′ st George), M. Vunipola (12′ st Genge)
All. Jones.
Italia: Trulla; Sperandio, Brex (18’ st. Canna), Canna (11′ st Mori), Ioane; Garbisi (24′ st Allan), Varney (29′ st Palazzani); Lamaro (4′ st Cannone), Meyer, Negri (5′-30′ pt. Ruzza); Sisi (39’ st. Ruzza), Lazzaroni; Riccioni (17′-25′ pt e 1′ st Zilocchi), Bigi (cap, 29’ st Lucchesi), Lovotti (30′ pt -13’ st. Fischetti)
All. Smith.
Arbitro: Adamson (Sco).
Calciatori: Farrell (Inghilterra) 5/7; Garbisi (Italia) 2/3; Allan (Italia) 1/1.
Guinness Player of the match: Sinckler (Inghilterra)

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