Dalla città di Obama l’Irlanda manda un messaggio al rugby (anche a noi?)
Chicago è la windy city del midwest americano, la città che ha visto fiorire leggende sportive come Michael Jordan dei Bulls e Walter Payton dei Bears. E’ la città in cui la storia ha appena fatto tappa portando i Cubs a vincere le World Series di baseball per la prima volta dal 1908. Ecco, il posto giusto perché anche la storia del rugby facesse tappa; e che tappa! Ieri, al Soldier Field, tempio dei Chicago Bears, squadra di football fra le più celebri ed amate negli States, l’Irlanda del crediamo non più discusso Joe Schmidt ha fatto un’impresa, anzi L’IMPRESA! Davanti ad un pubblico adorante, nella città che ospita una delle comunità irish più numerose ed identitarie del mondo ieri è stato St. Patrick’s day anche se fuori stagione. Battere gli AB’s non è solo una cosa rara: nel caso della nazionale irlandese di rugby a XV è una cosa unica. Mai, infatti, la nazionale del trifoglio era riuscita a battere i tuttineri nella sua lunga e gloriosa storia, pur essendoci andata talvolta vicina o, addirittura, vicinissima come nel 1973, quando arrivò un pareggio o, come tutti ricordiamo, nel 2013 (la famosa conversion di Cruden a tempo scaduto). E ieri è successo davvero!
La partita era iniziata secondo binari abbastanza consueti, con la pressione degli uomini di Hansen e i verdi a contenere. Dopo il piazzato d’apertura di Sexton e la meta “di confusione” di George Moala al 5’ pensavamo di assistere al solito copione: AB’s che controllano stando avanti per 50’ per poi assestare la mazzata decisiva nell’ultima mezzora. E invece no; invece negli spogliatoi del Soldier Field è molto probabile che Joe Schmidt, il neozelandese Joe Schmidt, abbia vestito i panni di un illustre cittadino di Chicago e abbia detto ai suoi “Yes we can!”, possiamo vincere, perché la vittoria è del forte che ha fede. Così i ragazzi verdevestiti non si fanno impressionare, tengono botta difendendo in maniera aggressiva ed efficace, esasperando le salite e l’utilizzo della “specialità della casa” cioè il chop tackle utilissimo nello strappare preziosi possessi. La reazione irlandese porta a due marcature di forza con Jordy Murphy che conclude una maul e con CJ Stander che sfonda gli ultimi mm di contenimento nero: 15-5. I neri reagiscono con un piazzato di Barrett presto neutralizzato dal piede di Johnny Sexton e al 24’ siamo 18-8. Passato il primo quarto l’aggressività irish non cala di niente e, di fronte a tanta convinzione, gli AB’s sembrano inusitatamente sorpresi ed inefficaci: tanta indisciplina e tanta imprecisione, specie negli uomini solitamente migliori. Ben Smith se ne sta sulle sue, Beauden Barrett non inventa nulla, Julian Savea non rompe un placcaggio nemmeno a pagarlo, Dane Coles sembra un tallonatore normale e Aaron Smith…beh, lui sembra che abbia dimenticato come si apre la serratura del gioco, oltre che quella della toilette…Al 33’ è il suo “collega” Conor Murray, che nelle toilette, evidentemente, ci va solo per quello a cui servono, a rompere gli schemi con un guizzo di fantasia che gli permette di eludere le guardie e marcare pesante: 25-8 e si comincia a pensare “sta a vedere che…” proprio mentre l’arbitro franzoso Raynal fischia la fine del primo tempo.
Nell’intervallo il pensiero dominante è uno solo: “Si, bello, bravi sti irlandesi, ma quelli là sono un po’ abulici; adesso stai a vedere che si svegliano e gli danno 4 pappine e buonanotte!”
Ma non è così; magari Barack Obama è venuto di persona negli spogliatoi verdi a ripetere il suo mantra e a ripetere che in campo si è 15 contro 15. Gli irlandesi ci credono (esiste un popolo più capace di credere di loro?) e attaccano la seconda frazione con lo stesso piglio della prima. Al 48’ è Simon Zebo, che a Barack Obama assomiglia anche un po’, ad allungare con gambe leggere e veloci ed il tabellone dice un 30-8 che bisogna guardare due volte per crederci. A questo punto si decide la partita: i tuttineri, per citare una celebre raccolta di aforismi, nel loro piccolo s’inc…, ehm, si irritano alquanto e mettono su 20’ da paura, soprattutto sulla spinta del subentrato TJ Perenara che fa vedere ai suoi compagni com’è fatto un vero scrumhalf. L’indemoniato maori va in meta al 52’ sfruttando un offload da fantascienza e, poco dopo, è Ben Smith a concludere a fil di bandierina un’azione tambureggiante: 30-22 al 56’. Il colpo del ko sembra dietro l’angolo, ma qua si vedrà la valentia dei cavalieri dell’isola smeraldina. I ragazzi verdi non arretrano, reagiscono, si riportano in attacco; sanno che si gioca per la vita e per la morte. Conor Murray al 59’ si sostituisce all’infortunato Sexton (al suo posto entra, segnatevi la previsione, la migliore apertura europea del prossimo decennio, Joey Carbery) e dalla piazzola dice al mondo we’re alive! 33-22. Gl AB’s a questo punto sono davanti agli ultimi 20’, quelli in cui di solito ammazzano tutti, e buttano in campo tutto quello che hanno. Quel che hanno, di solito, è tanta roba come questo Scott Barrett (segnatevi anche questo nome), fratello di Beauden, che al 64’ fa una meta con movenze tipiche da secondo centro; peccato che sia una seconda linea! Manca un quarto d’ora, siamo sul 33-29 e adesso è proprio il momento per gli AB’s, gli invincibili, quelli che arrivano da lontano, lontano come 18 vittorie consecutive, di scrivere la parola fine su questa strana partita e sulle vane speranze degli irlandesi, uno di quei popoli abituati nella storia a sopportare i dardi dell’avversa fortuna fra guerre e carestie. Si dai adesso la chiudono…Invece no, la chiudono quegli altri, gli impensabili altri: al 76’ è Robbie Henshaw a chiudere baracca e burattini con una meta che segna il 40-29 e chiude i conti con la storia. Lasciando gli AB’s come li vedete qua sotto
Una vittoria storica ed incredibile commentata da Steve Hansen così: “Faccio le mie personali congratulazioni agli irlandesi che hanno disputato una grande partita e meritato la vittoria. Quando vedi i loro tifosi gioire così capisci che era tempo che vincessero. Non voglio sentire scuse sulle nostre assenze (gravi soprattutto in seconda linea): non le cerco e non le voglio. Questa sconfitta significa che dobbiamo portarcela dietro e guardare dentro noi stessi.” Senza parole giocatori e tecnici irlandesi; il capitano Rory Best è riuscito solo a dire “Credo che non potrei mai sentirmi più fiero di come mi sento adesso! Ci sentiamo assolutamente in estasi!”.
Un messaggio chiaro: non esistono imbattibili. Chissà se il messaggio lanciato da Best e compagni arriverà anche all’Olimpico sabato prossimo.
I Tabellini:
05/11/2016 – Chicago – Soldier Field
Irlanda-Nuova Zelanda 40-29
Irlanda: 15 Rob Kearney, 14 Andrew Trimble, 13 Jared Payne, 12 Robbie Henshaw, 11 Simon Zebo, 10 Johnny Sexton, 9 Conor Murray, 8 Jamie Heaslip, 7 Jordi Murphy, 6 CJ Stander, 5 Devin Toner, 4 Donnacha Ryan, 3 Tadhg Furlong, 2 Rory Best (c), 1 Jack McGrath
A disposizione: 16 Sean Cronin, 17 Cian Healy, 18 Finlay Bealham, 19 Ultan Dillane, 20 Josh van der Flier, 21 Kieran Marmion, 22 Joey Carbery, 23 Garry Ringrose
Marcatori Irlanda
Mete: Murphy (10), Stander (17), Murray (34), Zebo (48), Henshaw (76)
Conversioni: Sexton (10, 34), Carbery (76)
Punizioni: Sexton (4, 24), Murray (59)
All Blacks: 15 Ben Smith, 14 Waisake Naholo, 13 George Moala, 12 Ryan Crotty, 11 Julian Savea, 10 Beauden Barrett, 9 Aaron Smith, 8 Kieran Read (c), 7 Sam Cane, 6 Liam Squire, 5 Jerome Kaino, 4 Patrick Tuipulotu, 3 Owen Franks, 2 Dane Coles, 1 Joe Moody
A disposizione: 16 Codie Taylor, 17 Ofa Tu’ungafasi, 18 Charlie Faumuina, 19 Scott Barrett, 20 Ardie Savea, 21 TJ Perenara, 22 Aaron Cruden, 23 Malakai Fekitoa
Marcatori All Blacks
Mete: Moala (5), Perenara (52), Ben Smith (56), S. Barrett (63)
Conversioni: Barrett (52, 56, 63)
Punizioni: Barrett (21)
jpr