Nazionali

Il torneo delle 6 Nazioni fra storia e leggenda

Scritto da Rugby.it

Il 6 Nazioni: un’avventura lunga 133 anni

E’ un viaggio lungo quello che riparte sabato pomeriggio allo Stade de France, da cui, poi, ripartirà ancora per Edimburgo, e poi per Dublino, e poi per tanti altri appuntamenti di una storia senza fine. Si perché questa meravigliosa storia si racconta dal 1883, epoca in cui il continente europeo era molto diverso da come lo conosciamo oggi. C’erano ancora gli imperi e le monarchie, si era nel bel mezzo della seconda rivoluzione industriale ed erano di là da venire le grandi guerre del ‘900.
Prima di allora si erano già giocati incontri internazionali, o, per meglio dire, inter-britannici (il primo si svolse ad Edimburgo fra Scozia ed Inghilterra il 27 marzo 1871, con vittoria dei padroni di casa), ma solo quell’anno si diede vita ad un evento “strutturato”, per quanto questo aggettivo possa risultare stravagante se riferito ad un torneo che si concluse con una classifica ufficiosa stilata dai giornali inglesi, che attribuirono la vittoria ai bianchi, e nel quale Irlanda e Galles giocarono una partita in meno rispetto a Inghilterra e Scozia. Era il torneo delle “Home Nations” e vi partecipavano le squadre delle isole britanniche. Nel 1884 vinsero ancora gli inglesi con un grande slam, che venne premiato con la “Triple Crown”, ma l’anno successivo il torneo non si concluse per contrasti insorti fra le federazioni e negli anni 1888-1889 si disputò senza gli inglesi che non volevano aderire alla neonata IRB. Comunque erano scozzesi ed inglesi a dominare quei tornei primigeni, mentre gallesi ed irlandesi ottennero i loro primi trionfi rispettivamente nel 1893 e 1894.
Intanto, di là dalla Manica, stava muovendo i primi passi il movimento francese. La Francia non faceva parte del torneo vero e proprio, ma le altre squadre la incontravano ufficiosamente, tanto che il Galles, che nel 1908 e 1909 aveva vinto la “Triple Crown”, avendo in quegli anni battuto anche la Francia venne accreditato dei primi “Grandi Slam”. Nel 1910, quindi, per la prima volta la Francia venne ammessa nel torneo, che assunse la denominazione di “Cinque Nazioni”. In quei primi anni la Francia è una squadra debolissima, tanto che i giocatori britannici sono soliti definire i francesi “whipping boys”, cioè, più o meno, vittime sacrificali. E’ questa l’epoca in cui nascono le più famose leggende del torneo, un florilegio di aneddoti che danno il colore ed il profumo di un’epoca assai lontana dalla nostra.
Nel 1920, il giorno di capodanno, si gioca al “Parc des Princes” il match fra Francia e Scozia. Dei giocatori che negli anni precedenti disputavano il match molti non erano sopravvissuti alle trincee fangose della prima guerra mondiale. Degli scozzesi uno solo era un “superstite”, l’ala Jock Vermiss. Mentre tutti i nuovi avevano le loro maglie, Vermiss aveva perso la sua durante la guerra e si presentò nel tunnel a torso nudo (era il giorno di capodanno e gli inverni non erano come quelli attuali!). Nel 1929 l’Irlanda perde in casa con la Scozia in uno “strano” match: a causa del pubblico strabocchevole le aree di meta erano invase di folla e risultava impossibile arrivare al try; si convenne di giocare il match proibendo le mete!
Nel 1930 il tallonatore inglese Sam Tucker venne convocato all’ultimo momento per giocare contro il Galles a Cardiff. Arrivato in aereo dovette raggiungere il centro con l’autostop, viaggiando su un camion insieme al bestiame. Giunto allo stadio dovette farsi largo fra la folla, acquistare il biglietto e aggregarsi ai compagni vestendosi sotto il tunnel. Nel 1931 la Francia riesce a vincere due partite, ma subisce una squalifica per “professionismo” che la tiene fuori fino al 1939.
La ripresa del torneo dopo la sosta per la guerra vide la prevalenza degli irlandesi e dei gallesi che si spartirono il successo nei cinque anni successivi. Qualcosa, però, è cambiato: i francesi non sono più le vittime sacrificali e, nel 1954, vincono il loro primo torneo ex-aequo con il Galles. Domineranno, poi, gli inizi degli anni ’60 imponendosi per quattro volte.

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La seconda metà degli anni ’60 vede gli albori di quella che è, e probabilmente resterà nella storia, come la squadra più forte e vincente del rugby europeo, i dragoni gallesi che stenderanno il loro dominio nei ’70 vincendo ben 7 tornei in un decennio. Il dominio gallese, interrotto solo dalla Francia (1970 e 1977) e dall’Irlanda del leggendario Willie Joe McBride (1974) si fonda su una straordinaria generazione di campionissimi come Barry John, J.P.R. Williams, Phil Bennett, Carwyn James, Ray Gravell, Gerald Davies e quello che molti ritengono il più forte rugbysta della storia, il formidabile mediano di mischia Gareth Edwards. Il decennio conosce, però, una triste parentesi nel 1972. Domenica 30 gennaio sarà per sempre ricordata in Irlanda come la “Bloody Sunday”: tredici pacifici manifestanti nordirlandesi vengono barbaramente trucidati dalle truppe d’occupazione inglesi a Londonderry e la protesta divampa in tutto il paese. Scozia e Galles, stante la pericolosa situazione, si rifiutano di andare a giocare in Irlanda e, dopo più di un secolo di storia, per la prima volta si avrà un torneo incompleto. Per i successivi 25 anni a Dublino si rifiuterà di eseguire l’inno inglese “God save the queen”.
Gli anni ’70 sono, comunque, anche l’epoca in cui il “5 Nazioni” comincia ad assumere una visibilità e notorietà internazionale anche fuori dai confini delle partecipanti. La televisione, per soddisfare le esigenze di sponsor e audience, impone un calendario più regolare, con cinque giornate non consecutive da
gennaio a marzo e di sabato. Sulla tv italiana le partite sono commentate da Paolo Rosi, ex azzurro e primo italiano a segnare una meta a Twickenham. La sua conoscenza enciclopedica del rugby e la sua dote inesauribile di aneddoti contribuiscono alla diffusione dello sport ovale in Italia

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Negli anni ’80 è la Francia di Jacques Fouroux, con giocatori straordinari come Sella, Blanco, Berbizier e Rodriguez a dare la sua impronta al decennio, avendo come principale rivale la Scozia del grande “cecchino” Gavin Hastings, dello squalo bianco John Jeffrey e di David Sole, capace di vincere nel 1984 col grande slam.
Gli anni ’90 si aprono con un altro grande slam degli Highlanders, che chiuderanno anche il decennio con la vittoria del ’99, ad oggi la loro ultima. La sfida, però, è soprattutto fra inglesi e francesi, che si spartiscono le vittorie fra ’91 e ’98. Ma la novità più importante del decennio è l’introduzione, nel 1993, di un vero trofeo: sino a quel momento, infatti, l’unico trofeo “fisico” esistente e assegnato era l’antichissima Calcutta cup, contesa fra Scozia ed Inghilterra. In quell’anno, poi, si istituisce un sistema di punteggi che eliminerà la possibilità di vittorie ex-aequo, tutt’altro che infrequenti in precedenza.

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Gli anni 2000 si aprono con un’Inghilterra vincente, ma la vera e grande novità è un’altra: nel continente c’è un’altra nazione rugbystica emergente: l’Italia, che viene accolta ed esordisce nel neonato torneo delle “6 Nazioni” il 5 febbraio del 2000, battendo la Scozia campione uscente per 34-20. Il torneo successivo, quello del 2001, sarà invece ricordato per un curioso fattore extrasportivo: una virulenta epidemia di afta epizootica costringerà al rinvio di ben tre match, che saranno recuperati solo a settembre ed ottobre. Il 2002, invece, è l’anno che segna il primo grande slam in epoca “6N” ed è la Francia ad ottenerlo. Come gli anni ’70 il decennio vede il dominio dei francesi e dei gallesi, che si spartiscono le vittorie. Per noi è particolarmente rimarchevole il torneo del 2007, in cui gli azzurri colsero a Murrayfield il loro primo successo in trasferta (37-17 alla Scozia), ma anche gli inglesi ricorderanno questa edizione. Memorabile fu, infatti, la loro trasferta dublinese: si giocò al Croke Park, poiché lo storico Landsdowne Road (oggi Aviva stadium) era in ristrutturazione. Il Croke Park era stato teatro nel 1920 di un massacro compiuto dalle truppe di occupazione inglesi contro i ribelli irlandesi e da allora era stato bandito agli sport di origine, appunto, inglese come calcio e rugby. Quel giorno una folla di centomila irlandesi in delirio al canto di “Fields of Athenry” assistette alla più pesante sconfitta inglese nella storia del torneo, un sonante 43-13. Siamo quasi ai giorni nostri e il periodo a cavallo dei due ultimi decenni vede un alternarsi di vincitori, ma con leggera prevalenza di Galles ed Irlanda, vincitrice, quest’ultima, delle ultime due edizioni.
Si riparte, quindi, sabato dallo Stade de France, con gli azzurri di Jacques Brunel che sfidano la nuova Francia di Guy Noves per riprendere la scrittura di questo affascinante e meraviglioso romanzo.
Buon 6 Nazioni a tutti!
jpr

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