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The Good & The Bad

Scritto da Rugby.it

Amici, passato bene Ferragosto? Siete ancora in vacanza? Il Pro 12 (ops, Pro 14) sta per ripartire, i campionati maggiori europei anche, nell’emisfero sud le quattro regine si danno già battaglia. Dunque i motori rugbystici sono belli accesi.

The Bad

La nazionale femminile. Purtroppo le nostre ragazze sembrano essere arrivate alla fine di un ciclo. Ci sono svariate atlete pluricappate che probabilmente utilizzeranno proprio il mondiale per salutare, il ricambio non è immediato, una situazione non molto differente da quella dei maschi.

Quello che un po’ fa pensare è però non tanto l’età della squadra ma l’età del nostro gioco. Ancorato a fasi statiche (quasi sempre la chiusa ha fatto bene), molto lento nel guadagno del possesso, dove dobbiamo impiegare troppe giocatrici per tenere l’ovale (e questo è il vero problema, del possesso pulito e di qualità ormai nessuna squadra può fare a meno), dove l’azione d’attacco spesso è poco fluida e un po’ impacciata. Il rugby femminile sta avendo un grandissimo successo: in Francia sono milioni davanti alle Tv, Inghilterra e All Blacks sembrano nazionali superpreparate, le altre sembrano crescere tantissimo mentre noi abbiamo un movimento un po’ al palo, rigorosamente dilettantistico, fatto di ragazze spettacolari che ci mettono l’anima ma che nell’era super-pro purtroppo non basta più.

The Good

Christian Lealiʻifano. Una bella storia a lieto fine: un giocatore fortissimo cui viene diagnosticata una leucemia. Un trapianto di midollo osseo, una battaglia che viene vinta e consente al giocatore di tornare ad una vita normale, campo compreso. Leali’ifano lo vedremo a Belfast, nelle schiere dell’Ulster, almeno fino a quando ripartirà il Super Rugby. E questo è un poco strano: i giocatori in rosa part time, ma è il professionismo bellezza…

Where are Zebre? They’re long gone

Nella meravigliosa canzone sopra riportata il cantautore australiano Nick Cave inizia a chiedersi dove sono finite un po’ di persone. Mark, Mattew, John, Mona… In una situazione complicata esistenziale, rappresentata simbolicamente da tutti quei “piedi” di neve da cui si è sepolti, tutti, intorno sembrano (o sono) scomparsi. Il pezzo ci è venuto in mente pensando alle nostre Zebre. Zero notizie, zero contratti firmati, zero arrivi ufficiali (a fronte di tante partenze impreviste: Padovani, Van Schalkwyk, Baker, Le Roux, Kohlenberg), un’amichevole da giocare a Treviso con la Benetton non si sa bene con quale rosa. Da tanti mesi scriviamo di Zebre, perché ci stanno a cuore e ci sta a cuore il nostro rugby, ma è doloroso assistere a tutto questo.

Beautiful hands

Belle mani. L’atto del passaggio sembra una cosa scontata, da dover già possedere a 10 anni, ma non lo è affatto. Abbiamo visto qualche pro con mani di pietra, altri, destrimani, che a sinistra passavano spesso sbananando. La capacità di passaggio è fondamentale, in particolare quando deve avvenire in tempi rapidissimi, per evitare la salita difensiva e sfruttare i buchi al largo. Queste due mete Pumas e Bokke lo mostrano perfettamente: anche senza guardare il compagno si deve essere in grado di fare un movimento uniforme di ricezione-passaggio che avvenga in tempi rapidissimi, che sia impeccabile anche se lo fa un pilone. Sullo spazio corto è letale questa dinamica di attacco e quando le mani sono belle le mete lo sono altrettanto.

Un uomo

Conosciamo la storia di Ian McKinley. Il video di World Rugby la riassume alla perfezione e ci dà un bell’insegnamento: un infortunio, anche pesante, nella vita capita sempre. L’importante è rialzarsi e tornare a lottare.

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