L’Irlanda furiosa di capomastro Stander stende l’Italia all’Olimpico
Ludovico Ariosto, nel suo immaginifico poema, ci parla del paladino Orlando, furioso dopo aver perso il senno: basta cambiare qualche vocale, passando da Orlando a Irlanda per trovare un’altra furia che, però, il senno se l’è tenuto ben stretto e non ha bisogno di mandare nessuno a cercarlo sulla Luna. Finisce in maniera impietosa questa seconda esibizione degli azzurri davanti al pubblico dell’Olimpico e tutto il nostro 6 Nazioni prende ora una brutta e conosciuta china: fra due settimane saremo attesi a Twickenham ed è difficile che ci arriveremo col vento dell’ottimismo in poppa. L’Irlanda, invece, con una prestazione di rara intensità agonistica e perfezione tecnica rilancia la propria candidatura dopo la battuta d’arresto di Murrayfield e scrive, in qualche modo, una piccola pagina di storia conquistando il primo punto di bonus “offensivo” della storia del più antico torneo continentale.
Nel solco della storia, più recente, era iniziata anche la partita, con il minuto di silenzio in ricordo del grande Joost Van der Westhuizen, campione del mondo Bokke nel ’95; momento purtroppo rovinato in parte dal mancato coordinamento con la banda che esce dal campo continuando a suonare. Poi si parte e la partenza è di quelle shock perché l’Irlanda ariostescamente furiosa comincia caricando a testa bassa e massacrandoci in ogni aspetto del gioco: il possesso è subito e solo verde, il territorio pure, la mischia chiusa vede un predominio assoluto dei nostri avversari. L’unica statistica in cui cominciamo ad accumulare punti è quella dei placcaggi dove soprattutto Maxime M’Bandà (alla fine senza dubbio il migliore dei nostri) e Simone Favaro si battono come leoni. Ma la pressione è davvero troppa se ogni mischia viene perduta con un fallo sul quale i verdi chiedono ripetutamente “scrum, scrum!”. Così dopo 12’ di affanni, placcaggi e falli cediamo di schianto con una voragine che si apre sul nostro fianco sinistro nel quale si infila Earls: Paddy Jackson (che alla fine farà 100%) converte e siamo 0-7. Grazie al restart riusciamo a mettere il naso fuori per conquistare un buon piazzato su offside verde che Canna centra siglando il 3-7, ma è solo un attimo, una piccola boccata di ossigeno. Gli irlandesi, guidati dal capomastro Stander (ditemi voi se non lo vedreste bene con un elmetto da cantiere ed una mazzetta da muratore in mano!) demoliscono ferocemente la zona centrale della nostra linea trasformandola in una specie di maelström che inghiotte tutte le nostre risorse sguarnendo i fianchi ed è su quello destro, stavolta, che sbuca il capomastro e mette la seconda trasformata per il 3-14 al 18’. La partita, ora, si muove tutta sullo spartito visto nella seconda meta: al 26’ riaccade praticamente uguale, con una scientifica demolizione che agevola l’ingresso al largo di Earls per il 3-21. A questo punto accade un mezzo miracolo perché la nostra mischia inizia a restituire i colpi e, sulla spinta dei nostri primi 8, riusciamo ad andare “di là” costringendo anche loro al fallo che ci porta in touche ai 5. E’ il 31’, il minuto in cui la partita, forse, avrebbe potuto cambiare, ma non cambiò. La nostra touche è perfetta, come pure efficace è la maul che costringe gli irlandesi ad un crollo volontario sulla linea del try ed il sig. Gardner a farsi una corsetta sotto i pali per assegnarci il penaltry e poi a tornare indietro per sventolare un giallo a Donnacha Ryan. Andiamo 10-21 e con 10’ da giocare in superiorità numerica; come anticipato più sopra qua le cose forse potevano un po’ cambiare, ma gli irlandesi, evidentemente non erano d’accordo. Gli uomini di Joe Schmidt, infatti, mettono subito in chiaro come stanno i rapporti di forza. Sul restart si riprendono di forza l’ovale e ci costringono al fallo: sarebbero 3 punti facili e cronometro da far girare in 14, ma loro non vogliono mostrare alcuna debolezza. Vanno in touche e spingono pur avendo un pack in inferiorità; dalla maul esce il capomastro lanciato col pallone in mano e a testate butta giù una tramezza fatta di 3 uomini e schiaccia a terra facendo tremare i muri fino al raccordo anulare (10-28). E’ una meta importante, perché cancella ogni illusione, consegna agli irlandesi lo storico primo bonus offensivo e, a mio avviso, tira giù la cler della partita. Il sigillo lo mette poco dopo McLean vanificando con un kick-pass fuori misura un discreto multifase azzurro. Si va negli spogliatoi ed è triste rilevare come, tutto sommato, sia difficile accusare gli azzurri di non avercela messa tutta: è che quegli altri sono decisamente troppa roba per noi:sembra un match di pugilato tra un mediomassimo ed un welter con le caviglie legate fra loro.
Il secondo tempo è un lungo interminabile viaggio all’inferno: la fatica e l’Irlanda furiosa mordono i nostri polmoni e i nostri polpacci e ogni percussione ci fa barcollare come un potenziale pugno da Ko. Dopo 5’ di metodica opera demolitoria è ancora una volta il capomastro Stander ad involarsi e danzare (si, danzare) come una libellula decisamente oversize fra 3 avversari incapaci di placcarlo ed impedirgli la tripletta personale. Siamo 10-35, è finito tutto e anche gli irlandesi si ritengono sazi. Infatti per una ventina scarsa di minuti succede poco e, anzi, il pallino ce l’abbiamo quasi sempre noi. I trifogli lasciano fare aspettando che noi consumiamo da soli le ultime energie, poi, quando ci vedono belli cotti, iniziano una fase finale puramente ludica (per loro, naturalmente). Dal 67’ in poi prendiamo altre 4 mete dopo le 5 prese con la partita ancora “vera”. Inizia il neo-entrato Gilroy che riceve una palla persa banalmente da Esposito e, nel gioco rotto, trova facilmente la via che porta sotto i pali nel nulla della nostra seconda linea sguarnita (10-42). Poi, al 71’, lo straordinario talento di Garry Ringrose si mostra in tutta la sua bellezza bevendosi in diagonale il centro della nostra difesa e correndo in souplesse sotto l’H (10-49). Infine è ancora Gilroy che nei due minuti finali fa altrettante mete, sempre trasformate dall’infallibile Jackson, con l’Italia ormai senza più bombole.
Finisce 10-63 un risultato francamente orrendo, uno di quelli che fanno pensare a catastrofici passi indietro. In realtà siamo stati battuti da una vera e propria ditta di demolizioni; non si è vista resa degli azzurri, se non negli ultimissimi e anossici minuti. Difficile dire se questa sia una consolazione, però: anche quando combattiamo con coraggio e volontà prendiamo punizioni terribili. Chissà cosa lascerà nelle teste dei nostri questa partita. Ora, come detto, ci attende Twickenham, ci attende una squadra feroce, cattiva e sarà bene arrivarci senza tarli nella testa.
I Tabellini:
Roma, Stadio Olimpico – 11/02/2017
Secondo turno 6 Nazioni 2017: ITALIA-IRLANDA 10-63
Marcatori: p.t.12’ m. Earls tr Jackson (0-7), 15’ cp Canna (3-7), 18’ m. Stander tr Jackson (3-14), 26’ m. Earls tr Jackson (3-21), 31’ m. tecnica tr Canna (10-21), 34’ m. Stander tr Jackson (28-3) s.t. 45’ m Stander tr Jackson (10-35), 67’ m Gilroy tr Jackson (10-42), 72’ m Ringrose tr Jackson (10-49), 78’ m Gilroy tr Jackson (10-56), 80’ m Gilroy tr Jackson (10-63).
Italia: Padovani; Esposito, Benvenuti T., McLean, Venditti Gi.; Canna (70’ Allan), Gori (62’ Bronzini); Parisse (cap), Favaro (57’ Steyn), Mbandà; Van Schalkwyk (47’ Biagi), Fuser; Cittadini (40’ Chistolini) (59’ Cittadini), Ghiraldini (47’ Gega), Lovotti (64’ Panico)
all. O’Shea
Irlanda: Kearney; Earls, Ringrose, Henshaw (47’ Gilroy), Zebo (75’ Keatley); Jackson, Murray (69’ Marmion); Heaslip, O’Brien (70’ Van Der Flier), Stander; Toner (60’ Dillane), Ryan D.; Furlong (53’ Ryan), Scannell (63’ Tracy), Healy (51’ McGrath)
all. Schmidt
arb. Jackson (Nuova Zelanda)
g.d.l. Gardner (Australia) ,Van Der Westhuizen (Sudafrica)
TMO: Kitt
Cartellini: al 32’ giallo a Ryan (Irlanda)
Calciatori: Jackson 9/9 (Irlanda), Canna 2/2 (Italia)
Note: Giornata soleggiata a Roma, spettatori presenti 50197.
RBS 6 Nations Man of the Match: Cj Stander (Irlanda)
jpr