News

The Good & The bad

carlo canna
Scritto da Rugby.it

Carlo Canna, patrimonio dell’Unesco, Giove pluvio patrono di Galway. E le ragioni per cui essere forzuto, a rugby, non corrisponde affatto ad essere forte.

Non abbiamo titoli per commentare le elezioni federali, un po’ perché poco conosciamo di bilanci (economici e non) un po’ perché ci viene molto complicato analizzare e saper valutare un mestiere così complicato come quello di dirigere una federazione sportiva. Però di una cosa siamo contenti, molto contenti: che da qui in avanti si parlerà un po’ meno di questioni politiche e un po’ più di sport, che alla fine è la cosa che più ci diverte e piace.

The Good

Carletto Canna. Il suo coach, Guidi, l’ha definito un patrimonio per il rugby italiano. E in effetti non si può non apprezzare un giocatore che sa orchestrare al meglio un attacco, pur con ancora palesi ingenuità (2 calcetti anti-tattici, sabato a Parma contro Connacht, un po’ hanno gridato vendetta), un giocatore che sa “far fare meta” ai compagni, aprendo il gioco, facendo scelte magari anche un poco pazze, poco accademiche, ma che riescono a generare quegli spazi in attacco che le difese iper-contratte del rugby moderno in tutti i modi, leciti e non, vogliono chiudere.

Un  ragazzo giovane, che può migliorare ancora tanto. Sì, siamo d’accordo, Carlo è un patrimonio peri il nostro movimento e va, anche a costo di spendere qualche euro in più, supertutelato. In che modo? Bloccandolo, con un bel contrattone lungo, magari anche atipico per le nostre squadre. Il rischio che paventiamo è vederlo come terza, al limite seconda apertura in qualche top club europeo, a fare il viaggio andata-ritorno dei vari Benvenuti, Tebaldi, Venditti, con qualche anno perso e magari noi a faticare per trovare ancora quel 10 che tanto agognavamo.

Appello a chi di dovere: preparare subito il contratto, la penna, la ceralacca. Bloccarlo, tenerlo, legarlo, manette, serrature a doppia mandata, gogne medioevali, cinte, muri di contenimento, terrapieni, legamenti di yuta, lacciuoli, incantesimi. Fate come vi pare. Ma teniamocelo strettissimo.

The bad

Piove, la partita ti ladro. Permetteteci questa non-polemica. La nostra non è un’invettiva contro nessuno, anche se fosse vero che Pat Lam un po’ ci ha marciato sabato parlando di “incolumità dei giocatori da tutelare” (e intanto la panchina zebrata faceva le ripetute in campo dopo l’acquazzone…) e spingendo così alla decisione di sospendere la partita ampiamente nelle mani bianconere. Se anche così fosse noi ce la pigliamo con un regolamento un po’ strano. Un regolamento per cui una partita giocata a metà, magari con un quasi bonus raggiunto, con giocatori rotti per portare a casa il risultato, pubblico che si è fatto 300 km ad andare e 300 a tornare per vedere l’incontro (il sottoscritto matto scrivente), non è mai esistita. Cancellata, come il comando erase nel vecchio Dos.

Perché non riprendere la partita con il risultato acquisito facendo rigiocare quanto manca? Sarebbe anche un modo per evitare qualsiasi furberia possibile (ripeto, non stiamo dicendo che gli irlandesi hanno fatto i volpini, si parla in senso generale). Perciò The bad della settimana è il board della Celtic che ha scritto un regolamento così strano. In questo caso dovremmo prendere dalla pallatonda e semplicemente copiare. Si è giocato 30 minuti? si riparte e se ne fanno altri 50, partendo dal punteggio in cui si era rimasti.

Ora magari giocheremo a febbraio, le Zebre avranno via metà squadra per la nazionale e metà arriverà dall’Eccellenza mentre Connacth sarà bella linda e pulita con la sua rosa completa. E Connacth vincerà. E questo non sarà affatto giusto.

Questo giocatore non è affatto un prodigio

Sicuramente avete visto questo video, è girato tantissimo anche nei siti “normali” (intendiamo cioè non solo in quelli di settore rugbystico) e sicuramente youtube ve l’avrà proposto all’apertura della pagina. Mostra un bambino di 9 anni che vince facile dato che abbatte come birilli suoi coetanei grandi la metà. Il titolo del video lo spaccia come un prodigio del rugby: ebbene no, non lo è affatto. Prima di tutto: “ci rivediamo tra 10 anni”, a parità di peso, altezza, struttura fisica.

In secondo luogo questo video palesa una delle tante malattie del nostro rugby che spesso si vede anche nelle nostre giovanili: scambiare forza per forza. Non sei forte solo perché sei forte fisicamente, non sei forte perché a causa di uno sviluppo precoce, di qualche kg in più, ti basta solo correre e travolgere l’avversario per fare mete. Sei forte quando alla brutalità della natura sommi la grazia della tecnica e della fantasia.

Perciò se notate che l’allenatore delle giovanili esalta il più grosso della squadra, fa giocare solo lui “pur di far meta”, ecco, quello è l’esatto momento in cui non si insegna rugby ai giovini. Guardate il video: i compagni nemmeno esistono, gioca da solo. Non è un prodigio, è solo troppo grosso rispetto agli altri. Oh, s’intende, gli auguriamo ogni bene e speriamo che sia il nuovo Billy Vunipola, ma allo stato attuale è un Suv che sta gareggiando con dei piccoli Panda.

Una buona promozione

Il video qui sopra è promozionale. World rugby, com’è giusto che sia, tira un po’ acqua al suo mulino e usa i sentimenti della grande famiglia rugbystica a scopo celebrativo. Però, tolta un po’ di polvere retorica, quel video mostra anche cose vere e sane, di quella “sanità” che ci fa apprezzare il nostro sport. Quei campi inesistenti, o fango o fondo cementato con le righe di altri sport, perché alla fine basta una palla ovale e si gioca.

Quella passione che diventa sorriso a 50 denti, quella voglia di divertimento e stare insieme.

Jospeph K.

Foto copy Stefano Del Frate (https://www.flickr.com/photos/stefanodelfrate/, http://www.stefanodelfrate.com/).

Informazioni sull'autore

Rugby.it