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La collina di Ellis, l’uomo che covò la palla ovale

Scritto da Rugby.it

A tre km dalla Liguria la tomba del padre del rugby

“Comincia l’Italia, già la si sente nell’aria!”, scrisse un giorno Flaubert a proposito di Mentone. E’ bello pensare che William Webb Ellis abbia deciso di fermarsi in questa cittadina poiché sapeva che vi sarebbe rimasto per sempre, su una baia dalla quale avrebbe potuto scorgere e sognare l’Italia per l’eternità. Ellis, malato ai polmoni, arrivò sulla costa Azzurra all’inizio degli anni ’70 dell’800; da tre decenni era divenuto pastore protestante, dopo gli studi giovanili a Rugby. Della sua supposta corsa con la palla in mano non parlò mai, per quanto ne sappiamo. Nel 1872 spirò e fu seppellito nella zona inglese del cimitero di Mentone. Quattro anni più tardi Matthew Bloxam, ex studente di Rugby entrato nel college poco dopo che Ellis ne era uscito, ricostruì per la prima volta la storia della nascita del rugby con una lettera al periodico The Meteor, menzionando William come scintilla dalla quale scaturì tutto; era l’inizio della fama per il pastore protestante, ma lui non poteva più apprenderlo.
Il cimitero vecchio di Mentone si acquatta a metà della ripida Montée du Souvenir che parte dal porto vecchio al centro del paese, a soli 3 km dal confine con l’Italia. Dalla collina si abbraccia tutta la baia; “la vista si protende a sinistra fino alla punta dove Bordighera allunga verso il mare le sue case bianche, a destra fino a Cap Martin che ammorbidisce nell’acqua i suoi fianchi boscosi”, scrisse Guy de Maupassant. Le spiagge della Costa Azzurra, il museo Cocteau, i ristoranti e il Cimitero del Castello Vecchio fanno della cittadina a un tiro di schioppo da Ventimiglia una bella meta turistica, se non è insensibile considerare meta turistica un cimitero.
Dal sepolcreto la vista è stupenda soprattutto d’estate, quando i raggi del sole rimbalzano accecanti sul mare e l’ombra irregolare delle piante offre un contrasto con il calore circostante. Ma è bello visitare la cittadina anche in febbraio, durante la festa dei limoni. Con “balze” concentriche differenziate dalla nazionalità dei defunti arrivati soprattutto tra fine ‘800 e inizio ‘900, il cimitero ricorda un poco la struttura dei mondi di Dante; nella parte inferiore risiedono gli inumati anglosassoni come Ellis; nella parte mediana sorgono le tombe polacche, russe e degli ex imperi dell’Europa centrale, con una terrazza riservata ai tedeschi e un recinto dedicato ai morti di Verdun; in alto le famiglie italiane, le più antiche di Mentone.
Le tombe sono talora affastellate in maniera quasi disordinata, come in certi antichi cimiteri ebraici; qui la pietra domina però quasi ossessiva, lasciando poco spazio al verde.
Qua e là tra le tombe svettano statue dalla evocatività forse facile ma poetica. Tra le più belle, tre figure femminili: una ragazza che levita dal proprio sarcofago librandosi verso il cielo raffigura Janina Lewandowska, polacca morta a 27 anni nel 1912; un’altra ragazza di pietra legge triste un libro che narra, forse, la storia della sua vita; una terza statua sembra una madonna rassegnata ma serena, a cavalcioni del proprio tumulo, e ricorda la seconda statua, quasi come se la ragazza avesse appena riposto il libro e avesse iniziato a cullarsi nella propria malinconia mirando il cielo sulla baia.

mentone

nella fotografia è marcato con due bandierine il confine franco-italiano; si vede la punta di Ventimiglia e là in fondo si scorge quella di Bordighera

Nella zona riservata ai russi, che scendevano in Costa Azzurra alla ricerca di un ristoro spesso vano per le malattie polmonari, un sepolcro pesante e squadrato presenta una scritta in cirillico che evoca la storia delle due persone che in esso giacciono: una coppia di 24 e 22 anni, marito e moglie morti nello stesso giorno quando lei si uccise dopo aver vegliato fino all’ultimo il giovane compagno malato. “Non piangiamo! Il nostro desiderio più caro era rimanere insieme per l’eternità”, esorta la scritta.
Altre tombe si fanno ammirare dal punto di vista artistico, come quella di Ernesta Stern, amica di Proust, ma la più visitata rimane quella semplice semplice di William Webb Ellis. Una sottile lastra di marmo rettangolare al suolo e un basso recintello di ferro. Sulla lastra un vaso di ortensie, un pallone, qualche gagliardetto e talora una birra sono la testimonianza dell’affetto e della riconocenza del mondo del rugby per il ragazzo che quel mondo creò.

menteleven

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