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Carlo Passalacqua, il babbo del rugby ungherese

Scritto da Rugby.it

Se i funghi hanno la fama di apparire rapidi e copiosi i siti web delle federazioni rugbistiche minori hanno la nomea opposta: da tempo scompaiono in massa, rimpiazzati dalle pagine social. Al momento di svanire il sito della federazione rugby ungherese non ha però lasciato una pagina 404 o link a dubbi integratori vitaminici, come avviene di solito, ma un’interessante raccolta di notizie storiche sulla palla ovale magiara, divise decennio per decennio. In questo archivio digitale svetta per numero di menzioni un certo signor Stanislao Carlo Passalacqua, meglio conosciuto solamente come Carlo.
Capelli scuri e viso rubicondo, Passalacqua era un diplomatico italiano a Budapest, figlio di un ambasciatore che lavorò nella capitale ungherese durante gli anni della guerra. Sposato a una tedesca, Frederica, e padre di tre figlie, diede vita nel 1969 ai primi club di rugby ungheresi. Tutti creati da lui.
“Carlo Passalacqua – il fondatore assoluto. Portatore di cultura, con grande impegno e trovando le persone giuste ha fondato il rugby ungherese che da allora è fiorito, pur con gli alti e bassi tipici di uno sport amatoriale”: così l’archivio ungherese.
Non abbiamo trovato dettagli anagrafici di Passalacqua, solo un progetto di qualche anno fa dell’ambasciata italiana a Budapest per dedicargli un busto; il volto ritratto nelle fotografie e il cognome potrebbero far pensare a un abruzzese, ma in realtà abbiamo notato che il nome Passalacqua è diffuso un po’ in tutta Italia e così ci è rimasta la curiosità sulle sue origini.

Ecco però, più interessanti, due ricordi da parte di chi lo ha conosciuto:
Bene Kálmán, rugbista e organizzatore tra il 1970 e il 1988: “anche il padre di Carlo Passalacqua era diplomatico e nel 1942-43 lavorò come consigliere d’ambasciata a Budapest; con lui visse l’allora figlio Carlo di 12-13 anni, che imparò l’ungherese. Dopo la guerra, il padre di Carlo al Ministero degli Affari Esteri italiano lavorò come direttore dei servizi esteri, Carlo completò la scuola diplomatica e poi trascorse otto anni presso l’ambasciata italiana a Bonn, ricoprendo vari incarichi. In quel periodo sposò la tedesca Frederica, con la quale ebbe tre figlie.
A suo padre successe nella posizione di direttore del servizio estero un suo amico, che mandò Carlo a Budapest.
Tra il 1970 e il 1972 Carlo è stato attivo nello sviluppo del rugby, non solo formalmente ma con intenso impegno, anche perché era consapevole che questo avrebbe portato alla creazione di comunità sportive che non sarebbero state solo amiche dell’Occidente ma anche partecipanti attive allo smantellamento della dittatura.
Carlo non si è mai impegnato in nessuna squadra in particolare ma ha organizzato instancabilmente nuove e nuove squadre. Le sue azioni però superarono il livello tollerato dalla dittatura e così dovette andarsene; in seguito aiutò il rugby ungherese dalla vicina Germania ed è stato grazie al suo intervento che è arrivata la prima squadra straniera, il Vienna Celtic, il club degli stranieri che lavoravano a Vienna.
Credo che l’insegnante di educazione fisica della Vörösmarty High School di Budapest, József Cziráky, incontrò Passalacqua durante l’estate 1969. Nell’anno accademico iniziato nel settembre 1969 il signor Passalaqua, un instancabile amante dello sport che rispettava e amava gli ungheresi, ha introdotto le conoscenze più elementari del rugby agli studenti delle scuole superiori in una sessione speciale. Nell’autunno 1969 una squadra fu reclutata tra gli studenti della Vörösmarty High School di Budapest con poche persone dall’esterno; a guidarla, il capitano András Tárkáni e Carlo Passalacqua.
Carlo era una figura latina, con il viso espressivo. Gesticolava da italiano e con voce alta, parlava velocemente, ma non in modo prepotente. Era un tipo alacre, collaborativo e amichevole.
Sua moglie, Frederica, era più alta di lui, ma rilassata a proposito del suo essere tedesca. Di forte natura, sapeva frenare anche Carlo quando lui parlava troppo o voleva apparire. Certo, nelle questioni serie Carlo indossava i pantaloni, ma generalmente cedeva a Frederica, da marito comprensivo.
Avevano due Alfa Romeo bianche, che usavano separatamente, ma a volte usavano entrambe le auto per trasportare i giocatori di rugby.
Carlo spesso – il più delle volte? – si faceva carico del pagamento delle birre, o colmava generosamente l’importo mancante, ma anche Frederika a volte lo faceva quando Carlo non era con lei. Erano generosi, non si guardavano le tasche. L’entusiastico gruppo di rugbisti non ne ha mai abusato, ma lo accettava. C’era questa grande disparità economica e una sorta di amabile violenza nel pagare i conti nei pub. Perché quelli – in qualunque modo si chiamassero – erano alla fin fine pub.
La maggiore delle tre figlie di Carlo e Frederica era un’adolescente di nome Patricia, le altre due (non ricordo i loro nomi) erano bambine molto più giovani. Stavano in disparte con la madre, per loro era solo una gita all’aria aperta, una specie di viaggio fuori porta; tutti i rugbisti scherzavano con loro sorridendo. Frederica e le sue tre bambine erano un bello spettacolo, perché era come se avessimo un pubblico. A quei tempi era dura anche mettere insieme trenta persone per una partita completa.
Nella primavera del 1970 i due club di Árpádföld e Göd ricevettero ciascuno un pallone da Carlo Passalacqua; formalmente solo in prestito, ma lui ovviamente non li avrebbe mai più richiesti.
András Tárkányi, il miglior giocatore degli esordi, custodiva il pallone dato ad Árpádföld e lo portava con sé alle partite. Era particolarmente apprezzato da Carlo, perché era un esempio da seguire con la sua conoscenza del gioco e la sua simpatica personalità.
La palla data a Göd era tenuta da Bence Szekeres, che la portava anche quando non giocava. Carlo lo amava per intelligenza e convinzioni politiche, ed era forse il più intimo con lui.
Per quanto mi ricordo, Carlo aveva quattro altri palloni perché una volta li ha tirati fuori dal bagagljajo, ma di solito si presentava alle partite solo con uno o due palloni”.

István Sárközi – giocatore dal 1970 al 1974, poi arbitro e organizzatore fino ai primi anni ’80: “ho vissuto nel distretto di Árpádföld. All’inizio degli anni ’70 Árpádföld era una zona tranquilla, simile a un villaggio. Di conseguenza, tutti conoscevano tutti, soprattutto noi giovani. A poche strade da noi abitava la famiglia Plémics, che aveva la doppia cittadinanza italo-ungherese. La loro figlia lavorava presso l’ambasciata italiana. Carlo li visitò più volte e, vedendo che molti giovani abitavano nella zona, iniziò a pensare alla possibilità di formare una squadra di rugby.
Naturalmente la notizia si è diffusa rapidamente e poiché ad Árpádföld non c’erano opportunità sportive, 20-25 giovani si sono radunati sul campo di calcio dismesso il giorno del reclutamento. Sono andato anche io, solo per curiosità.
Perché solo per curiosità? Purtroppo nel 1963 mi è stata diagnosticata la miocardite, quindi sono stato esonerato dalla ginnastica durante gli anni della scuola primaria; ma nel 1968 sono stato dichiarato completamente sano. Dato che ero molto ‘in lotta’ con la lingua russa, abbandonai la scuola superiore e nel 1969 continuai i miei studi in una scuola di formazione professionale, dove anche l’educazione fisica veniva presa molto sul serio. Essendo un bambino goffo e paffuto, non riuscivo nemmeno a scalare la corda, quindi alla fine del semestre sono stato bocciato.
Carlo ha spiegato le regole e alcuni membri della squadra del Liceo Vörösmarty, già costituita in quel momento, hanno tenuto una presentazione. Dopo una veloce mezz’ora, Carlo invitò tutti i presenti a giocare. Io rimasi a lato del campo e lui venne da me e mi chiese il motivo. Ascoltò le mie ragioni e poi mi disse che il rugby è un gioco sociale e ognuno può trovare il proprio posto in questo gioco meraviglioso. Mi ha offerto un ruolo da pilone. Convinto. Ho iniziato ad andare agli allenamenti e ho potuto giocare già nella prima partita. Mi è piaciuto il gioco, mi è piaciuto il gruppo. Ho perso peso, sono diventato più forte, è tornata la fiducia in me stesso e alla fine dell’anno eccellevo nell’educazione fisica, con stupore e gioia del mio insegnante di ginnastica. Molti dei miei compagni di classe hanno iniziato a interessarsi al gioco, ad esempio Sanyi Bocsor e Zoli Gyuka.
A quel tempo c’erano solo due squadre. I nostri aiutanti hanno organizzato partite dimostrative, abbiamo cercato di promuovere il rugby in ogni possibile forum. Purtroppo c’erano anche molti oppositori, e non parlo solo di politica. Ai calciatori la nostra presenza in campo dava noia, eravamo un lavoro extra per i giardinieri; ma lentamente abbiamo fatto progressi. Coprivamo noi stessi le spese di preparazione e di viaggio”.

Carlo Passalacqua morì nel 1990, proprio l’anno nel quale fu infine fondata una federazione ungherese di rugby e la nazionale magiara giocò il proprio primo test match (3-7 con la Germania Est). La moglie Frederica, chiamata “Mamma Rugby”, se ne è andata nel 2016.

Nonostante questo “babbo rugby” italiano, Ungheria e Italia non si sono mai affrontate; troppo grande, per ora, la differenza tra le due nazionali.

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