Nazionali

Il bilancino del 6 Nazioni

Scritto da jpr

Chiacchierata del lunedì sul weekend di 6 Nazioni: pesiamole!

Senza nessuna pretesa di fare i fenomeni che hanno capito tutto (e ce ne sono…) e di dare giudizi definitivi (che di solito vengono smentiti a stretto giro) vogliamo provare a dare un’occhiata a quello che ci hanno fatto vedere le 6magnifiche6 nel recente weekend, per provare a vedere come si stanno comportando, se tradiscono le attese o le superano e, magari, se possiamo trarre qualche valutazione generale da ciò che la creme del rugby europeo ci sta facendo vedere. Tutto questo non senza aver assolto gli “obblighi istituzionali” di evidenziare risultati e classifica, perché possiamo chiacchierare finchè vogliamo, ma i fatti vengono prima di tutto.

Dunque non si può non partire dalla coda, dalla cosa più sorprendente, entusiasmante e spiazzante che ci ha proposto questo primo turno. Parlo naturalmente de la France e della sua incredibile vittoria contro i favoritissimi “brutal whites” che secondo il tecnico Eddie Jones avrebbero dovuto fare strame degli imberbi ragazzini di Fabien Galthiè. I ragazzini sono stati clamorosamente inferiori nelle fasi statiche, specie nella mischia, e perdenti praticamente in tutti gli impatti fisici. Si presentavano in campo con molti giocatori dal fisico normale al punto da sembrare una U20 al cospetto dei bestioni iperproteici provenienti da oltremanica. Se uno avesse letto queste due noterelle prima del match difficilmente avrebbe potuto non pronosticare un massacro. Invece i brutali di Mr. Jones hanno fatto la fine dei famosi pifferi di montagna, partiti per suonare e tornati suonati. Suonati da una squadra che ha fatto una cosa rivoluzionaria per questi tempi: giocare a rugby anziché a kilorugby. La cura tattica della difesa (by Shaun Edwards!), gli interventi nei punti d’incontro, le cacciate a terra, la tecnica e l’ elusività in fase offensiva in luogo del solito bum-bum, le accelerazioni magiche del fantastico Antoine Dupont: questo è rugby, non quel suo surrogato fatto di autoscontri che troppo spesso ci viene proposto. E mi piace molto che il giocatore che ne è stato l’artefice più luminoso ed ispiratore sia appunto Dupont, il mediano di mischia, collega di ruolo del proprio coach. Chi se non il mediano di mischia dà un tono ed un colore al gioco di una squadra di rugby? Con questo risultato les bleus acquisiscono di diritto una considerazione nei pronostici che alla vigilia non avevano. Dovranno ora stare attenti al rischio del “troppo facile” nel prossimo turno in cui toccherà ai nostri andare a provare a giocare contro un rugby nuovo ed antico insieme.

L’Inghilterra di Mr. Brutality, come detto, ha beccato, ma non si può per questo ritenerla fuori dai giochi. S’è visto nel secondo tempo quali siano le potenzialità di questa squadra quando viene messa alle strette e decide di reagire come una bestia ferita. Solo un grande cuore ed una grande lucidità e fiducia nel proprio gioco hanno consentito ai bleus di non soccombere ad un ritorno prepotente e revanchista dei bianchi. Ma questa partita dovrà servire a loro per capire che avere una sola opzione di gioco (butta dentro il ciccione, sia esso un avanti o un Tuilagi, vediamo che danni fa e infiliamo qualcosa nel buco) è tremendamente limitante se l’avversario ti cambia il contesto. Certo, dicevamo, non sono fuori dai giochi, ma questa sconfitta li costringe innanzitutto a guardare anche a ciò che fanno gli altri e poi a capire che non hanno altri bonus-sconfitta ed essersene bruciato uno già alla prima non è bene. Perché passi non fare il Grand Slam, ma con due sconfitte la vedrei dura vincere il torneo.

Dopo la coda la testa, cioè la prima partita, cioè la nostra. Anzi, quella del Galles che l’ha fatta sua con una facilità così grande da rendere impossibile capire quanto forti siano i vincitori. Perché quando vinci quasi senza opposizione è difficile capire anche quanto vali tu. Scesi in campo in formazione piuttosto rabberciata i Dragoni per ora ci confermano solo la profondità della propria rosa e la clamorosa vena realizzativa di Josh Adams, uno che segna sempre, comunque e in qualunque modo. Ma il fatto che i ragazzi del neo-coach Wayne Pivac non siano stati in realtà testati dall’avversario ci costringe a rimandare ogni valutazione al prossimo serissimo impegno previsto all’Aviva Stadium contro una squadra di ben altre ambizioni. Sull’Italia c’è poco da dire se non che un 42-0 a caldo farebbe imitare Bartali e mandare tutto in malora, ma ad una valutazione più ragionata fa sospendere il giudizio e provare a consolarsi con le buone prestazioni di alcuni giovani (Niccolò Cannone su tutti) e con la consapevolezza che siamo all’inizio di un cammino e ci troviamo a farlo in ambiente ostile, perché lì fuori sono tutti più forti di noi e ci aspettano per prendere 5 punti. Il prossimo match contro una gasatissima France a St. Denis, dove saremo attesi come il tacchino a Natale, dovrà essere affrontato se possibile senza il condizionamento di un risultato umiliante e cercando di far leva sui (pochi, ahimè) punti fermi che abbiamo: le fasi statiche e le qualità di alcuni.

Ambivalenti, invece, le sensazioni che ci trasmettono le due cugine del derby celtico di Dublino: due squadre che sono sembrate in cerca di una loro dimensione in questo torneo. L’Irlanda edizione-Andy Farrell non sembra granchè diversa da quella di Joe Schmitt se non nella minore brillantezza di alcuni dei suoi eroi che cominciano a mostrarsi un po’ logori. Giocatori come Cian Healy, Peter O’Mahony o CJ Stander cominciano a mostrare la corda e non essere più i fulmini di guerra delle stagioni recenti. Di contro si osserva il crescere dei giovani come Garry Ringrose o Jordan Larmour, per tacere del fenomeno dei prossimi anni John Cooney, ma la sensazione è che il metronomo di questa squadra continuino ad essere i soliti due, la premiata ditta Murray&Sexton. Hanno caps e acciacchi da fare una svendita, ma le sorti della squadra dipendono tuttora da loro. Una forza ed una debolezza, in attesa che Farrell trovi una sua impronta da dare ad una squadra che sua ancora non sembra. Problemi, questi di noviziato, che non ha Greg Townsend, cui però è stato tolto uno dei talenti migliori, il santo bevitore Finn Russell, ed in campo se ne è sentita la mancanza. Senza voler togliere nulla al bravo e ordinato Adam Hastings, figlio di cotanto padre, è innegabile che senza le invenzioni del genietto in forza al Racing il gioco della squadra ha la stessa vivacità di una partita di bridge fra attempate duchesse. Se poi il talento più favoloso dei cardi, l’immaginifico volante Hogg, decide di sfarfallare senza piantare il pungiglione le cose si complicano ulteriormente. La Scozia, diversamente dall’Irlanda, non ha ambizioni di trofeo, ma di non perderle tutte si e considerando il calendario…finisce che l’unica loro opzione siamo noi, perché la Francia vista ieri non è alla loro attuale portata.

E per concludere e darci appuntamento alla prossima ci salutiamo con questa che è la nostra FOTO TOP  di questo turno!

JOIE DE VIVRE! JOIE DE GAGNER!

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jpr