Confermate le voci che volevano Conor O’Shea CT azzurro
E’ arrivata poco prima di Pasqua (i maligni sibileranno: e poco dopo l’annuncio della candidatura veneta per le elezioni federali) la notizia tanto attesa e parecchio anticipata: come si diceva da tempo sarà Conor O’Shea (vero nome gaelico Conchúir Ó Sé), l’irlandese attuale tecnico dei London Harlequins, a rivestire la carica di head coach della nazionale azzurra. Per la verità era stato lo stesso presidente federale Alfredo Gavazzi, in un’intervista di qualche giorno fa, a sollevare qualche dubbio su una scelta che da molte parti si dava ormai per certa: “Avrete una sorpresa, non sarà O’Shea il CT!”, dando il via alle più varie elucubrazioni circa l’assetto che il nostro rugby di alto livello avrebbe dovuto avere. Invece la notizia è confermata, ma, forse, la sorpresa alla quale la F.I.R. nella persona del suo massimo vertice si riferiva non stava tanto nella persona da nominare, quanto nell’assetto generale che tale nomina avrebbe accompagnato. Ed, in effetti, qua la novità è bella grossa: per la prima volta non viene scelto un uomo solo al comando, una specie di ipotetico taumaturgo dal quale sognare il miracolo, bensì si opta per una “struttura di comando” dalle competenze tecniche ampie, un team che dovrà lavorare in sinergia per cercare di raggiungere l’obiettivo da tutti auspicato: una Nazionale che legittimi sul campo la posizione di vertice mondiale che dovrebbe essere connaturata alla presenza nell’esclusivo club del 6 Nazioni. E si tratta di una compagine, oltre tutto, di altissimo livello tecnico e inattaccabile reputazione internazionale: tutti nomi che legittimano alte aspettative.
Così, al fianco dell’head coach, vedremo Mike Catt, nientemeno che un “Officer of the British Empire” in quanto campione del mondo nel 2003, impegnato come Offensive, skills and kicking coach, ruolo che già aveva ricoperto nella RFU sino alla recente RWC, mentre il 53enne Stephen Aboud (sino ad ora direttore tecnico della I.R.F.U.) dal primo di agosto assumerà il ruolo di Responsabile della Formazione di giocatori di alto livello giovanile sino alla Nazionale Under 20, delle Accademie e Responsabile della Formazione degli allenatori. Una nomina, quest’ultima, di grandissimo interesse, sia per il livello della personalità scelta che, soprattutto, per la rilevanza del compito affidato. Da tempo, infatti, si avvertiva la necessità di un coordinamento di tutta l’attività che deve presiedere alla formazione dei giovani talenti e traghettarli verso l’alto livello. Non è un mistero come uno dei gravi problemi che il nostro movimento ha sempre avuto è quello della deleteria dispersione dei talenti: è capitato spesso di vedere giovani estremamente promettenti perdersi per strada o non corrispondere alle attese una volta arrivati ad alto livello, e questo è sicuramente uno degli aspetti più importanti sui quali misureremo, nel prossimo futuro, la bontà delle scelte di oggi. Parimenti importante e promettente l’idea di avere un responsabile che presieda alla formazione tecnica degli allenatori: solo allenatori preparati possono lavorare con profitto su giovani talenti senza sprecarli.
A completare lo staff saranno due vecchie conoscenze: l’ex azzurro Giampiero De Carli sarà il tecnico degli avanti mentre Giovanni Sanguin, uno degli specialisti più noti e competenti in Italia, si occuperà della preparazione atletica.
Il presidente Alfredo Gavazzi ha così voluto commentare le nomine appena annunciate: “Le nomine del nuovo Commissario Tecnico, del suo assistente e del Responsabile della Direzione Tecnica per la formazione segnano, per FIR, un cruciale punto di svolta. Abbiamo identificato non solo tre figure di altissimo profilo, ma tre risorse che, per i propri percorsi professionali, sono in possesso di quelli che riteniamo siano i requisiti più adatti per contribuire allo sviluppo del nostro movimento. O’Shea è un tecnico giovane, con alle spalle un percorso di successi sul campo ed al tempo stesso con spiccate doti manageriali che potranno rappresentare un grande valore aggiunto nel rapporto con le varie componenti del rugby italiano.Siamo entusiasti di poter dare a Conor, a Mike Catt ed a Stephen Aboud, che avrà un ruolo cruciale nello sviluppo del rugby italiano e nei processi di formazione di giocatori e tecnici sino a livello di Comitati Regionali, un caldo benvenuto”.
Per parte sua Conchúir Ó Sé ha voluto aggiungere: “Come ho avuto modo di dire quando ho annunciato che avrei lasciato gli Harlequins ritengo che la fine di questa stagione rappresenti per me il giusto momento per affrontare una nuova sfida. Sono onorato ed eccitato all’idea di lavorare con tutte le componenti del rugby italiano per sviluppare l’indubbio potenziale che l’Italia ha come nazione rugbistica. Negli Anni ’90 ho affrontato molte volte una grande Italia e so che, da parte della Federazione e dell’attuale gruppo di giocatori, vi sono la volontà e la capacità per fari sì che questa squadra diventi la più forte Italia di tutti i tempi. Ma questo riguarda il futuro. Oggi, per me c’è un lavoro da finire con gli Harlequins per chiudere la stagione al meglio e, se possibile, portare un altro po’’ di metallo nella Sala dei Trofei di questa grande Società. Saluterò il Club allora, non prima”.
Ora aspettiamo di vedere il nuovo coaching staff all’opera; probabilmente il tour di giugno che ci vedrà affrontare Argentina, USA e Canada arriva troppo presto per dare una valutazione compiuta, ma, quanto meno, ci darà una prima idea di quale metodo di lavoro e di selezione verrà attuato.
Se chi scrive può permettersi un commento personale, i nomi sembrano ottimi ed abbondanti, e persino chi, come me, ha vissuto con crescente frustrazione le vicissitudini del rugby azzurro degli ultimi anni fatica a nascondere un pronunciato ottimismo non solo, appunto, sui nomi, ma, soprattutto, sulla validità della scelta di costituire uno staff di alto livello e con tutte le aree di competenza coperte: una scelta che ci mette al livello, almeno da questo punto di vista, delle grandi nazioni rugbystiche. E’ più utile avere un gruppo di tecnici competenti in specifici skills anziché avere un unico santone, fosse anche un Graham Henry, sul quale riversare speranze salvifiche. Una particolare e positiva attesa ce l’ho per il ruolo che rivestirà Aboud: naturalmente avrà bisogno di tempo, ma se il suo lavoro darà buoni frutti, come le potenzialità del movimento, le qualità del tecnico e l’importanza ed innovatività della carica lasciano intendere, potrebbe essere la chiave di volta per il futuro del nostro rugby.
Davvero sinceri e speranzosi auguri di buon lavoro al nuovo Headquarter azzurro!
jpr