Il Valorugby Reggio Emilia in semifinale Top12 e trionfatore in Coppa Italia; Lyons Piacenza, Colorno e Noceto che premono per salire nel massimo campionato; lo stesso Colorno, Ferrara e Bologna tra le migliori sei squadre della Serie A femminile con il Colorno di Sillari e Madia campione d’Italia in carica; sei emiliano-romagnoli in Azzurro per preparare la Coppa del Mondo (il tallonatore reggiano Luca Bigi, i piloni piacentini Andrea Lovotti e Giosué Zilocchi, i due mediani di mischia parmensi Tito Tebaldi e Marcello Violi e il pilone parmigiano Federico Zani), Clara Munarini designata arbitra della finale per il terzo posto degli Europei femminili, gli Old Cesena in finale questo sabato nel campionato nazionale UISP, le Zebre in Europa e con tana a Parma, il reggiano David Odiete miglior metaman del Peroni Top12, Parma sede della Cittadella del Rugby federale e del trofeo junior nazionale Lupo Alberto, l’aquilano-reggiano Di Giandomenico allenatore della sempre più sorprendente nazionale femminile che ha nella parmense Sillari una delle proprie stelle… Eccetera, eccetera, eccetera. O, per meglio dire: e tot al rest, e tot al rest, e tot al rest. Forse è eccessivo parlare dell’Emilia-Romagna come di un Galles italiano ma certo questa regione adagiata sulla pianura padana sta vivendo una rinascita rugbistica dopo anni di flessione (almeno a livello di risultati di vertice) seguiti alla sparizione dal massimo campionato dei club di Parma e al ridimensionamento di quelli di Piacenza.
Non è facile capire da dove derivi questo bel momento della regione di Verdi e Rossini: il seguito popolare non è straboccante neppure qui (il Valorugby si mantiene poco sotto i mille spettatori ufficiali per partita e le Zebre non brillano per numeri di affluenza) e secondo i dati pubblicati qualche anno fa da OnRugby le regioni numericamente dominanti sarebbero, nell’ordine, Lombardia, Veneto e Lazio, con l’Emilia-Romagna solo quarta a pari merito con il Piemonte e a netta distanza dalle prime due. Forse il merito è di una buona situazione economica regionale che permette di trovare qualche sponsor anche in questi anni di grame ristrettezze, o della intelligente collaboratività tra club e club con Parma a fare da punto di riferimento ma con Reggio che scalpita per affiancarlesi (si dice “affiancarlesi”?), o della cucina emiliana macro-proteinica (ad esempio i tortelli di zucca, quella zucca che compare anche sul logo del Cus Ferrara) che prepara buoni fisici per il rugby… o forse semplicemente quello che a noi appare un boom è semplicemente il ritorno della regione ai livelli che le erano propri (in fondo, lasciando da parte il Veneto, la Lombardia ha già due squadre in Top12, mentre il Lazio di club nel massimo campionato potrebbe averne tre nella prossima stagione).
In ogni caso è un gran bene per il rugby italiano che esista questa tranquilla e solida realtà a sud del Po, ancora gregaria rispetto alla locomotiva Veneto ma prezioso serbatoio di giocatori, allenatori e arbitri e –ci sembra- buon modello di amministrazione.