Brunel sugli scudi, scozzesi giù dalle brande, italiani (al solito) in mezzo al guado, che di ponti non ce ne sono. Il Good&bad del martedì
Eccoci al primissimo giro di boa, il Torneo con la T maiuscola è ricominciato e noi siamo stati accoccolati al divano a vederlo. Ci sono state partite spettacolari e altre di cuore, ma con i risultati purtroppo cui siamo abituati…
The Good
Jacques Brunel. L’allenatore neo arrivato dei galletti è andato ad un Sexton dalla vittoria contro una delle Irlande più forti di sempre. Brunel era dato come strabollito dopo l’esperienza italica, qualcuno ridacchiava di quando si adattò a fare l’assistente dopo aver allenato una nazionale comunque inserita nelle Tier 1.
Jacques ha dimostrato di saper creare una bella realtà quando è tornato capo allenatore, ha rischiato chiamando in rosa giovanissimi e uncapped nella sua prima apparizione allo Stade de France. E ha fatto vedere in campo una bella Francia, volitiva, combattente, con carattere. Siamo felici per lui anche se è arrivata una di quelle sconfitte che veramente ti tagliano le gambe: e noi lo sappiamo bene perché in due casi abbiamo perso così nel recente passato, per colpa di due malefici drop tirati da Duncan Weir e da Ronan O’Gara.
The Bad
Oh Scotland, che combini? Forse gli highlanders ci avevano abituati troppo bene recentemente, forse loro stessi inconsciamente avevano iniziato a credersi “meglio” di quanto possono essere quando mettono tutta la concentrazione possibile in campo.
Di fronte ad un gran Galles (per altro con ottime prestazione di gente – come Navidi – che la maglia titolare la vede raramente) gli scoti si sono sciolti, semplicemente per lunghissimi tratti non sono stati in partita e se noi riuscissimo a tenere la testa salda per 80 minuti0, probabilmente almeno la piccola soddisfazione di non essere ultimi nel torneo ce la saremmo tenuta. Anche perché non dubitiamo che la Scozia tornerà presto a mostrare quello che realmente vale.
Un azzurro palliduccio
Non sappiamo molto bene cosa dire della nostra Italia. In casa si è comunque preso un pesantissimo cinquantone. Certo di fronte c’era una signora Inghilterra, fortissima e letale quando accelerava.
Certo qualcosa di buono l’abbiamo mostrato: la grinta, un poco di tenuta fisica maggiore, qualche buona giocata d’attacco.
Però sul fronte difensivo si è visto una squadra molto in difficoltà, qualche meta è arrivata comoda da prima fase, qualche placcaggione lisciato c’è stato. Però in chiusa si è sofferto per tutto l’incontro e ancora di più con i rincalzi Quaglio e Pasquali, purtroppo completamente sovrastati dai diretti avversari e spesso puniti dall’arbitro.
41 fasi per un drop
L’azione che ha concluso Francia-Irlanda è stata meravigliosa dal punto di vista rugbystico. 41 fasi di possesso, conclusione con un drop perfetto, killeraggio spietato di una Francia che se avesse marcato la trasformazione della meta precedente avrebbe almeno portato a casa un meritato pareggio.
Invece lo sport ovale è dannatamente cattivo e spietato e sa come lasciarti stremato alle corde. Uno sport infame, a volte, in cui ti vanno a mancare le parole, in cui le labbra ti si seccano in proporzione diretta a quanto gli occhi ti si riempiono di lacrime. Uno sport fatto di contrasti, di minuti in cui sei all’esaltazione massima e di secondi che vanificano tutto.
La tremenda giostra dei sentimenti, gli alti e bassi, le vette e i precipizi che si alternano in un alterco di speranza e disperazione. Essere tifosi di uno sport così non è facile, del resto non è facile nemmeno non amare le emozioni esplosive che permettono a giganti di 130 kg di sciogliersi in pianto, insieme ai loro sostenitori.
Manuele Grosso
Foto: copy Sergio D’Affitto.