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The Good & the Bad

Simone ferrari
Scritto da Rugby.it

Un Simone Ferrari Good della settimana, dei cattivi Bokke e il mantra “Non vincete mai” che insegna qualcosa anche agli altri…

E venne il giorno di Italia-Figi e venne una vittoria, ottenuta lottando e con qualche patema che si poteva evitare senza una meta presa un po’ “all’italiana”… Venne la vittoria e fummo tutti più contenti…

The Good

Simone Ferrari. Certo, direte, il Good della settimana forse poteva essere dato ad un nostro equiparato, magari Dean Budd che ha fatto una partita di grandissima sostanza, magari Braam Steyn che ha avuto un buon impatto e inizia ad essere anche più disciplinato. O McKinley che è un Good vivente, o lo stesso Hayward che, pedata stoppata a parte, è stato puntuale e ficcante in campo.

Ma Simoncino nostro ha fatto una bella meta di convinzione, buttandosi senza timore tra quattro grandoni pacifici che certo non erano lì a dare amichevoli pacche sulle spalle. Si è abbassato bene, si è buttato dentro, ha marcato. In chiusa Simone regge sempre al meglio, spesso è dominante, se prendesse un po’ di “ballcarritudine” così da incornare per il campo diventerebbe proprio un pilone completo.

The Bad

I Bokke. Facciamo veramente fatica a giudicare questo team che alterna grandissime prestazioni a partite deludenti. Certo l’Irlanda è una signora squadra, capace recentemente di battere i Mostri TuttiNeri. Ma la partita del Sudafrica a Dublino è stata carente in situazioni di gioco dove il fattore “concentrazione” era determinante. Il video sopra ci mostra alcune di queste situazioni: un 4 contro uno in cui si decide di calciare (male), una bella percussione che termina con il passaggio decisivo realizzato in modo errato e una palla regalata al posto di una meta.

Noi italiani conosciamo benissimo la differenza tra marcare punti e non marcarli a causa di tanti, piccoli e grandi, errori di gestualità, skills, gestione tattica, scelte in campo. A volte questo accade perché hai timore, giochi contratto e dalla non rilassatezza mentale derivano approssimazione e regali ad avversari scaltri che non aspettano altro.

Non vincete mai

Quante volte si è sentito questo mantra, espresso in particolare dai nostri amici amanti della palla rotonda. Verissimo: spesso, molto spesso, il rugby azzurro non vince. E’ la giustizia di uno sport duro dove al 99,9% vince sempre il più forte. Uno sport spietato che premia il più bravo e condanna alla sconfitta chi quel giorno è inferiore nei valori assoluti.

I nostri cugini del calcio hanno purtroppo sperimentato ieri la durezza della sconfitta. Un mondiale è andato e purtroppo dovremo attendere almeno un altro quadriennio per lottare per un titolo così prestigioso. A noi personalmente dispiace molto e speriamo che la reazione del movimento sia onesta e non autodistruttiva (cosa che noi rugbysti in situazioni simili tendiamo ad esempio a fare). E che da questa durissima lezione si impari a capire che lo sport, tutto lo sport, non è un’avventura dove si vince “per miracolo” ma una grande opera di programmazione, fatica, lavoro, dedizione quotidiana. E si impari anche un po’ di umiltà quando si guarda dalle altre parti, perché che sia pallavolo, rugby, scherma, nuoto, ogni disciplina ha i suoi alti e bassi, i suoi momenti esaltanti e le sue cadute. Basta giudicarle in modo sereno, senza creare un palchetto dove alcune discipline si permettono di “giudicare” le altre (quante volte noi rugbysti ci siamo sentiti superiori anche non avendo le carte per esserlo…), magari perché perdendo fanno comunque pubblico, magari perché perdono molto spesso. Ma cercando di apprezzare la bellezza della lotta per la crescita e il miglioramento, che significa anche perdere ancora, perdere a lungo. Ma fare di tutto per prepararsi alla vittoria.

Crederci, crederci. E poi ancora crederci

Questa meta probabilmente l’avrete già vista, l’abbiamo già messa anche sul nostro Facebook. Qui ne parliamo per sottolineare la qualità che dovrebbe essere La qualità. Cioè la caratteristica dominante di ogni squadra: lo spirito della lotta, magari folle quando perdi tanto (vedi paragrafo sopra) e un po’ da testoni quando all’inizio si prendendo solo sacagnate su sacagnate. Questa caratteristica è il crederci, il crederci sempre. L’estremo georgiano mostra come questo sia possibile, inseguendo una palla che chiunque avrebbe battezzato fuori, buttandosi, e con un gesto atletico incredibile marcando una meta immarcabile. Bravo, un esempio per tutti.

Manuele Grosso

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