Perchè non seguirò la prossima stagione del torneo ex celtico
Mi rendo perfettamente conto che la prima e più ovvia (e giustificata…) reazione dei pochi lettori davanti a titolo e sottotitolo sarebbe il più logico degli “Echissene”, però per quei pochi(ssimi) che negli scorsi anni erano abituati a leggere le mie cronache dei match di Zebre e Benetton sentivo di dovere una spiegazione. Non seguirò il torneo Guinness Pro 14, non lo farò né come cronista, né come semplice appassionato. Naturalmente si tratta di una posizione del tutto personale che non impegna minimamente questo blog e gli altri amici che collaborano alla sua redazione.
Come a tutti noto il vecchio Pro 12 è stato trasformato in Pro>12 con l’inserzione repentina di due franchigie sudafricane, vale a dire i Cheetas ed i Southern Kings. Non ho nulla contro queste squadre e men che meno contro il rugby sudafricano, della cui nazionale, peraltro sono anche un simpatizzante. Ma non accetto i motivi per i quali al vecchio torneo è stata apportata questa modifica: soldi, daneè, piccioli, chiamateli come volete.
Non voglio sembrare un frate trappista (non lo sono se non nella produzione e consumo di birra): personalmente non ritengo affatto sacrilega la vicinanza fra sport e business. Ritengo, anzi, che il rapporto fra rugby, nello specifico, e business sia benvenuto e sacrosanto: penso che ogni entità che voglia fare rugby si debba porre il problema della sua sostenibilità economica e cercare di attivare tutte quelle sinergie economiche (sponsoring, merchandising, marketing, vendita di diritti media e quant’altro) che permettano di poter fare rugby in modo sempre migliore e più competitivo. Mi va benissimo che una società di rugby “faccia business” per procacciarsi risorse finalizzate a “fare rugby”. Non mi va più bene quando questo rapporto si inverte e si passa dal fare business per fare rugby al suo contrario. Mio padre mi ha avvicinato all’amore per il vino sin da giovane ed uno dei suoi primi insegnamenti è stato: “Ricordati che devi sempre saperti fermare al momento in cui sei tu che bevi il vino, altrimenti sarà lui a bere te“. Con questa vicenda mi sembra che il business si sia bevuto il rugby.
L’inserzione inusitata di due squadre dell’emisfero sud in una competizione pensata per il confronto fra squadre appartenenti a federazioni partecipanti al 6 Nazioni non ha altra giustificazione se non “fare più soldi”. Non serve a sviluppare il rugby in altri paesi, come fatto, ad es., inserendo l’Italia nella vecchia celtic o l’Argentina nel Super Rugby: non mi risulta che il rugby sudafricano abbia bisogno di particolari incentivi allo sviluppo. Soldi, solo soldi, nient’altro; il merito sportivo non c’entra.
Siamo nella stessa strada seguita dal calcio che ha sacrificato al business qualsiasi esigenza sportiva, programmando il mondiale in Qatar, dopo aver già fatto giocare partite di altri mondiali in orari insensati solo per fare più soldi.
Modificare format e composizione di un torneo solo per motivi economici ci mette all’imboccatura di quella strada: non mi ci incamminerò.
Un caro amico mi ha detto “Se ne faranno una ragione”. Ha perfettamente ragione: il Pro>12 non è più povero senza di me; sono io che ho perso qualcosa.
jpr