Le difficoltà dei giovani etiopi, alle prese con la mancanza di un manuale e soprattutto con la pericolosa situazione politica
Ogni tanto chiediamo al nostro web-amico Resha Abdu, il giovane stregone che dal nulla ha ridato vita al rugby ad Addis Abeba, di aggiornarci sullo stato del suo progetto. Con pazienza lo fa ogni volta, ma pare che ora le cose volgano verso tinte fosche. Le tensioni tribali della vasta nazione etiope, portate alla conoscenza della grande opinione mondiale non tanto informata (come noi) dal gesto di protesta del maratoneta Feyisa Lilesa al termine della gara olimpica di Rio, hanno dato vita in queste ultime settimane a forti proteste e a dure repressioni, costate decine di morti.
Ciao Resha, come stai, com’è il tempo ad Addis Abeba? Qui fa molto freddo.
“Ciao M., qui c’è un bel caldo, oggi è una giornata di sole”
Puoi metterci al corrente dei progressi del tuo team di ragazzi e ragazze? Abbiamo letto su facebook che state cercando di ampliare l’attività a cinque dei dieci distretti della capitale, per ottenere l’appoggio dell’ufficio sportivo della città.
“In realtà siamo fermi. E’ un periodo di forte crisi politica qui in Etiopia. Ci sono proteste anti-governative ed è molto difficile per noi riunirci per i nostri consueti allenamenti di rugby. Insomma, non stiamo lavorando”.
Non te l’abbiamo mai chiesto, come si chiama la vostra squadra?
“Rugby in Ethiopia, semplicemente”.
Vi allenate con il contact rugby o con il touch?
“Giochiamo a touch; purtroppo non ho abbastanza competenza in merito ma temo che ci sia una grande differenza tra touch e contact”.
Resha, autodidatta, conosce solo le regole generali del rugby e aveva chiesto se potevamo spedirgli un manuale delle regole ma la redazione di rugby.it, che assomiglia un po’ alla sede del gruppo T.N.T., non ne possiede nemmeno uno. Se per caso ne avete uno in più in inglese o conoscete un buon manuale in inglese per principianti saremmo lieti di acquistarlo, magari tramite ebay, o di conoscerne il titolo.