Good allenatori e bad giocatori, essere presi a… calci in faccia e il misteriosissimo mistero dell’Eterno ritorno… in Eccellenza
Ci pare abbastanza assurdo che su un blog di sport dobbiamo citare carte bollate, tribunali minorili, avvocati, denunce, processi… Lasceremmo volentieri tutto questo ambito a chi fa un altro tipo di cronaca rispetto a quella meramente sportiva. Eppure, malvolentieri, dobbiamo anche parlare di questo.
The bad
Leggiamo sul Mattino di Padova che 4 ragazzi di 17 anni dell’Accademia di Mogliano sono stati rinviati a giudizio per atti persecutori, stalking, percosse, estorsione, lesioni aggravate, rapina, violenza, anche sessuale nei confronti di un loro compagno di squadra (e scuola) di 16 anni. Non stiamo ad approfondire e ad andare nei particolari. Alcuni hanno parlato di ragazzate, altri hanno voluto sminuire, alludendo a semplici “tradizioni” con le matricole, i nuovi arrivati.
L’Italia è un Paese strano, prima dei fatti (in questo caso in accertamento, sui quali trarrà il giusto giudizio la magistratura) c’è sempre l’opinione sui fatti, prima della realtà l’interpretazione personale della realtà, prima della comprensione la presa di posizione. Subito partono i partiti, gli innocentisti contro i colpevolisti, i sottovalutatori contro i “valutatori”. Forse quello che diciamo a molti non piacerà: mettiamo pure che siano state “semplici” ragazzate, “matricole” come la rasatura di capelli al primo cap in nazionale, ecco, personalmente ste robe non le abbiamo mai sopportate, che fosse a scuola, al militare, al servizio civile, al lavoro, in un team sportivo. Sono cose ridicole, sorpassate e spesso pesanti per chi le soffre.
Anche se non si trattasse di violenze vere e proprie, di bullismo, ma di scherzi esageratamente portati avanti, di strana declinazione del concetto di “cameratismo”, di bizzarra interpretazione dell’idea di “acclimatazione/benvenuto nel gruppo”, ecco, anche fosse molto molto meno di quanto si descrive, sarebbe comunque una cosa pessima sulla quale tutto il team di tecnici ed educatori (parole che non a caso accoppiamo) dovrebbe farsi un grande esame di coscienza.
Il rugby è in primis formazione di uno spirito: quanti hanno detto, una volta attaccati gli scarpini al chiodo, “questo sport non mi ha solo insegnato a stare in campo ma mi ha dato tanto per la vita. Mi ha insegnato a soffrire, a resistere nelle difficoltà, ad aiutare i compagni, a rispettare gli avversari e le regole, a sostenersi”. Tutte belle parole che spesso diventano fatti, a volte sono bandiere che sanno un po’ di propaganda.
The good (allenatore)
Beh, ecco, magari vi suoneremo un poco retorici, però questo modo di parlare ai piccoli rugbysti ci è piaciuto. Perché insegna con dolcezza e spiega con semplicità. Porsi al livello dell’altro, mettersi “alla sua stessa altezza”, usare le stesse parole, tirare fuori come Socrate il semplice nel complesso e far capire che prima di tutto, questo sport ovale, è un sano e bellissimo divertimento da farsi con gli amici, con il sorriso stampato in faccia.
Il mistero dell’eterno ritorno (in Eccellenza)
Odiete, Ragusi, Bacchin, Derbyshire e tanti altri. Azzurri più o meno “cappati” che, magari anche in giovane età o con ruoli non esattamente copertissimi, si ritrovano a fare il downgrade e a “scendere” nel campionato nazionale di Eccellenza. Tutto normale, ovviamente: non rendi al massimo in una categoria, scendi in quella sotto e poi magari ti rilanci e ripassi in quella sopra. Tutto corretto.
Salvo 2 cose: un tempo si diceva che l’Eccellenza andava a metà della velocità della Celtic, che per essere pronti per la Celtic dopo la “salita” serviva almeno un anno (o più se eri un avanti). Poi si diceva che le Celtiche dovevano avere pochi stranieri e che dovevano essere il laboratorio degli “azzurrabili” per la nazionale. Ma oggi invece ci troviamo con un buon numero di giocatori di Eccellenza convocati persino in azzurro, che magari devono esordire a Twickenam senza mai avere avuto un cap prima. Poi ci ritroviamo le Zebre con un 40% di stranieri in rosa, una squadra che sarebbe praticamente al 100% ancora della Federazione Italiana Rugby. E intanto giocatori buoni (o almeno discreti) tornano al semidilettantismo, salvo poi essere buttati direttamente in azzurro senza passare dal via (celtico). A noi pare un poco strano, ma magari i livelli non sono così diversi e forse è il mito della Celtic che va sfatato…
Al posto sbagliato nel momento sbagliato…
Conoscete quella sensazione di essere al posto sbagliatissimo nel momento che più sbagliato non si può. Sappiamo che per un arbitro è fondamentale tenere la corretta posizione in campo, magari evitando di morire per un placcaggio di un giocatore un po’ distratto. Ma a volte quando deve andare storta va storta… In questo caso un direttore di gara viene abbattuto da un calcio di liberazione non esattamente portato in modo accademico… Poraccio che botta…
Foto copy Stefano Del Frate (https://www.flickr.com/photos/stefanodelfrate/, http://www.stefanodelfrate.com/).
Joseph k.