Rugby Norge ha pubblicato ieri un’intervista a Beatrice Benvenuti, l’arbitra romana che da qualche tempo vive e lavora in Norvegia (ma durante le feste natalizie è tornata a Roma ed è stata anche convocata come guardalinee per una partita del Peroni Top10). L’intervista si intitola semplicemente “In giro per il mondo con il rugby”, eccone una traduzione speriamo corretta
Beatrice Benvenuti non ha mai giocato a rugby ma è una stella che brilla di luce propria, con una carriera internazionale nella palla ovale. Come arbitro viaggia in tutto il mondo ed è stata scelta anche per tre Coppe del Mondo e per le Olimpiadi di Rio. In aggiunta, ha partecipato a eventi TED, a conferenze per aziende e a trasmissioni sul rugby su Discovery Channel. Beatrice è un modello ispiratore per molte ragazze in tutto il mondo (addirittura!, ndr), sia dentro sia fuori dal campo, ed è una delle figure di punta in Norvegia della campagna #tryandstopus (“prova a fermarci”, ndr). Si tratta di una campagna mondiale di World Rugby per mostrare che ogni ragazza può giocare con la palla ovale.
“Amo il rugby e da bambina guardavo le partite da bordo campo, mentre i miei fratelli giocavano, ma non intravedevo un ruolo adatto a me. Un giorno uno dei miei fratelli si buscò un cartellino giallo e di colpo mi apparve una opportunità: avrei potuto arbitrare! Non c’erano molte arbitre, ma per me quello fu fin da subito un sogno da inseguire e a 16 anni presi la licenza. Mi stimolavano sia il fatto che esistessero pochi arbitri femmina sia il fatto che i giocatori in genere non sembravano apprezzare la figura arbitrale: volevo fare qualcosa per migliorare entrambi questi aspetti!”
“Amo arbitrare, è una maniera stimolante per essere coinvolti nello sport, anche se l’arbitro è spesso guardato dall’alto in basso. Dobbiamo cambiare questo, l’arbitro è una parte importante dello sport! Nelle mie prime partite ho fatto fatica a guadagnare rispetto: ero una ragazzina esile, ancora non adulta, che entrava in campo per arbitrare match a volte molto difficili. Molti hanno riso di me nei primi tempi, ma pian piano ho guadagnato rispetto”.
Un brutto episodio
La strada verso la carriera internazionale non è stata facile per Beatrice: nel 2016 subì un infortunio così potenzialmente grave che avrebbe potuto spingerla su una sedia a rotelle (l’articolo sorvola sui dettagli: un rugbista argentino che giocava in serie A la colpì violentemente e volontariamente alla schiena con un braccio, ndr). “Rifiutai di darmi vinta, anche se il recupero fu difficile. Dovetti allenarmi duramente dopo quell’infortunio e in aggiunta dovetti prepararmi molto anche dal punto di vista mentale, per scacciare le ansie. L’episodio si concluse con l’espulsione a vita del giocatore causa del mio infortunio”.
Come sei finita in Norvegia?
“La carriera da arbitro mi ha fatto viaggiare molto. Gli studi hanno dovuto adattarsi e così l’auspicata laurea in medicina è stata sostituita da una in scienze sportive. Ho conseguito un Master internazionale in Health and Physical Activity dell’Università di Roma Foro Italico e poi un Master in Sport Psychology and Management presso la Norwegian Sports Academy. All’Accademia Norvegese ho affrontato ricerche sull’attività fisica delle donne durante la gestazione. Qui ho anche trovato l’amore e ora convivo con il mio partner a Oslo”.
Com’è il tuo allenamento quotidiano?
“Come arbitri, dobbiamo allenarci tanto quanto gli atleti per preparare le partite ed è importante anche l’aspetto mentale, poiché durante i match tu devi guidare il gioco ed è importante essere sempre in focus. Cioè devi essere in buona forma fisicamente e mentalmente. Per farlo, corro, faccio esercizi e meditazione per un totale di due ore al giorno, sei giorni alla settimana. Prima della pandemia avevo l’abitudine di aggregarmi ai club per allenarmi, cambiando spesso club per preservare la mia imparzialità. E’ importante che gli arbitri si allenino con le squadre perché questo serve a entrambi; i giocatori possono porci domande e possiamo conoscerci meglio a vicenda”.
Come mantieni la motivazione?
“Trovo motivazione nel motivare e ispirare altre persone. Tengo molto a dare forza alle donne così che loro possano raggiungere ciò che sognano. Vorrei essere un esempio per ragazze più giovani di me: se io riesco a vivere una ‘vita da sogno’ possono farlo anche loro. Tutto ciò che voglio è piantare un seme ed essere un possibile esempio per altre persone. Il rugby mi ha insegnato la resilienza e a contare sulle mie forze. Ho sentito ripetere fin dall’inizio della mia avventura che come ragazza non potevo arbitrare il rugby ma questo mi ha dato la spinta e la forza per inseguire la mia carriera internazionale. Il mio miglior consiglio è trasformare le resistenze che si incontrano in una forza che vi può spingere avanti, più vicine ai vostri obiettivi.
Cosa ti aspetti dal 2021?
“Spero che potremo riprendere tutto ciò che abbiamo dovuto interrompere e che anche il rugby possa ricominciare. Sono anche molto occupata nel continuare la mia formazione: c’è un’incredibile mole di ricerche e conoscenza che voglio contribuire a trasmettere a più persone possibile. Fra le altre cose, a proposito di quanto è importante l’esercizio durante la gravidanza. Qui in Norvegia le donne ne sono molto più coscienti delle donne italiane. Voglio anche impegnarmi come ambasciatrice di Mitocon, un ente che cerca di creare consapevolezza sulle malattie mitocontriali, termine generale per un gruppo di malattie che colpiscono il metabolismo. Su questo argomento avrò una lecture per conto della Pfizer. E voglio tornare ad arbitrare: il rugby per me significa un sacco di lavoro, scelte complicate e sacrifici, ma non importa, voglio continuare a farlo lo stesso”, dice Beatrice.