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The Good & The bad

drola carcere rugby
Scritto da Rugby.it

Dietro le sbarre ci sono molti Buoni mentre dietro le tastiere qualche cattivello. Quando un calcio è segnale di poteri di preveggenza. E infine: ok che siamo Zebre, ma farsi sbranare, no.

Abbiamo cominciato a fare sul serio: la Celtic League è ricominciata, ma purtroppo non esattamente nel migliore dei modi anche se tra la partita delle Zebrotte e quella di Treviso c’è stata una certa differenza in termini di punti e di prestazione. Diciamo la differenza che passa tra una asfaltatura e un massaggio decontratturante. Speriamo che nel futuro le cose migliorino, ma tant’è, per ora di questo ci dobbiamo accontentare.

The Good

Sono tanti i progetti che stanno animando il rapporto tra palla ovale e carceri. Ben tre squadre composte da detenuti giocano nel campionato di Serie C: la Drola in Piemonte, i Bisonti di Frosinone nel Lazio e Giallo Dozza a Bologna. Si tratta di progetti che hanno il patrocinio della Fir e riguardano anche altri carceri (ci viene in mente l’iniziativa “Un bel coraggio” a Bollate, e tanti altri simili anche in carceri minorili).

I momenti di aggregazione dietro le sbarre non sono certo quotidiani, queste squadre giocano, per ovvie ragioni, sempre in casa. Ci si deve adattare: i campi sono quello che sono, gli spogliatoi e le strutture anche, i terzi tempi sono rigorosamente analcolici, home made e pieni di passione. Ci sono tanti volontari di squadre vicine che danno una mano e direttori intelligenti che si lasciano trasportare dall’entusiasmo ovale. Il materiale spesso è dato da team del territorio, sponsor, dalla Federazione. E beh, semplicemente ci sembrava un bel modo di iniziare la stagione dando il The good di inizio anno a queste esperienze.

The Bad

La calunnia è un venticello… Sembra che ultimamente il rugby italico sia invaso di aurette assai gentili, che insensibili e sottili, leggermente sussurrano cose e il contrario di cose. Bilancio federale, bilancio delle zebre, debiti, giocatori scelti e cassati, situazioni personali e di gruppo, politica e suggestioni, voci e sottovoci, sussurri e moltiplicazione delle dicerie che si mutano in fatti riportati o presumibili o immaginabili.

Le teste restano stordite e dalle mezze verità, non contestualizzate, non spiegate, si costruiscono teoremi, giganteschi castelli.

Il pubblico di fronte a tutto questo, parteggiando viene, e fa il tifo per il campione o la fazione che gli par meglio. Altri, come noi, restano un po’ storditi e con la testa rigonfiata.

Vorremmo un po’ di semplicità e di glasnost da parte di tutti, di chiarezza e limpida pubblicità delle faccende ovali. Ma contemporaneamente vorremmo che la pancia smettesse di brontolare, che le orecchie smettessero di riportare il riporto di ogni vocino e che si tornasse al primo fatto importante del nostro amato sport. Quello che si fa sul rettangolone di gioco.

Ogni maledetto calcetto

Il rugby è fatto di tante situazioni, di tanti momenti, di scelte giuste e sbagliate, Spesso il limitare tra una scelta corretta e una disastrosa è molto stretto. Tanti semplicemente tanti stabiliscono il discrimine a partire dal risultato finale: se va bene sei stato un grande, se ti va male meriti i pomodori marci.

Però nel rugby con le superdifese schieratissime serve spesso la pazzia, il senso della preveggenza, del sapere che “quella cosa” la difesa non se l’aspetta. E allora un calcetto veloce, di una punizione di recupero, dopo una quasi meta subita, può sembrare una pazzia ma se fatta a ragion veduta diventa il prologo di una meravigliosa meta.

Come questa:

Easy way to… farsi sbranare

La cosa che spesso sconsola di una sconfitta non è tanto prenderle e prenderle a catinelle ma prenderle in modo facile. Insomma con placcaggi non conclusi, con uomini non portati a terra, con praterie lasciate all’altrui scorrazzare, con buchi segnalati all’avversario da cartelloni luminosi.

A volte pare che quando gli italici entrano in campo abbiano un po’ lo spirito dell’agnello che sta per essere portato all’altare. Insomma la vis pugnandi che dovrebbe animarci diventa frustrazione, non riuscire a mettere in campo quello che ti eri prefissato in settimana. Non sono belle sensazioni e spesso si generano spirali da cui è difficile uscire. Siamo solo alla prima di campionato ma speriamo di non rivedere troppe partite del genere di quella qui sopra inserita.

Al buio

Come ogni anno il Pro 12 è partito senza copertura Tv. Quella che dovrebbe essere un’eccezione di una volta, non raggiungere accordi Tv in tempo per l’inizio dei giochi, è la (a)normalità di ogni stagione. Il prodotto rugby probabilmente non interesserà alle masse ma se poi tali accordi si raggiungono comunque ogni anno, perché non risolvere le cose in tempo per il primo fischio d’inizio?

joseph k.

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