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The Good & The Bad

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Scritto da Rugby.it

Per salvare il rugby dobbiamo far smettere di giocare inglesi e All Blacks? O sarà comunque il rugby a salvarci, come già accade in India?

Metti una bella giornata di rugby a Parma con il primo derby stagionale a scorrere via in una serata calda, con corposo contorno di pubblico (che, onestamente, ha stupito il sottoscritto, circa 3000, 3500 persone). Una serata che fa capire che c’è voglia di rugby nonostante tutto: risultati, beghe politiche, parrocchie e parrocchiette nazional-elettorali.

The Good

Tutti quelli che c’erano. Conor O’Shea, Mike Catt, Troiani, lo staff azzurro al suo completo, ma anche tanti altri amici dell’azzurro, Mauro Bergamasco, Mouse Cuttitta. E – ovviamente – numerosi appassionati. Tra i succitati 3500 della serata di venerdì scorso che mandava in scena il derby celtico è stato piacevole vedere lo staff azzurro al completo, non è una cosa banale, erano mescolati normalmente al comune pueblo unido e si sono visti la partita, speriamo annotando un poco di cose perché lo spettacolo non è certo stato dei più esaltanti.

Dicevamo: è stato bello vedere che dal più elevato in rango, il nostro Condor nazionale, al bambino che si è fatto la partita parallela a giocare nel campo in sintetico accanto al Lanfranchi, la nostra squadra (perché anche se i team sono due in campo c’era un buon 90% di nazionale) di affetto ne ha ricevuto, e anche tanto, per quella che alla fine era una partita abbastanza inutile, con rose allargate, tanti cambi, un po’ di confusione generale (in campo c’erano maglie doppie, maglie senza numero, maglie con numeri di gente già uscita).

Vedi anche: Zebre – Treviso: derby di (poco? troppa?) preparazione.

The bad

All Blacks e Inghilterra. Notare corsivo: perché questi due bad della settimana non sono veri bad. Semplicemente sono i due team che stanno “uccidendo” il rugby australe e boreale a suon di vittorie. Bravi loro, capiamoci, ma ultimamente l’imbattibilità dei Tutti Neri è quasi imbarazzante visti i divari che anche signore squadre come l’Australia si portano a casa. Stesso discorso per i bianchi di sua maestà che stanno dominando in Europa (Grande Slam al 6 Nazioni) e fuori (3 su 3 nel tour in Australia). Intorno a loro squadre storiche come il Sudafrica e la Francia stanno cercando una nuova via, tra cambi generazionali e di coaching staff. Quello che si spera umilmente da queste colonne è che il nostro meraviglioso sport non diventi troppo verticistico, con una, massimo due squadre, che si divorano tutto e le altre a fare da inseguitrici (o, peggio, da comprimarie, o peggio ancora, da timidi agnellini sacrificali).

Uno di questi due team ammazzatutto, gli All Blacks, li vedremo tra poco a Roma giocare contro l’Italia. In un novembre intensissimo che ci metterà di fronte anche Sudafrica e Tonga. Che dire: testa alta e lottare al meglio, e cerchiamo di essere i primi a mettere un pochetto in discussione il teorema del due bad team schiacciasassi.

Go Pumas Go!

I Pumas hanno preso lo scalpo sudafricano in una bellissima partita, giocata punto a punto, che ha ravvivato il turno recente di Rugby Championship. Da leccersi i baffi la meta di Habana, con tanto di supersottomano che la precede a liberarlo, e la prima meta argentina con una splendida azione corale in stile Bolero di Ravel, con passaggi e movimenti perfetti uscire-entrare, da vera orchestra sinfonica.

Godetevi la sintesi se non avete potuta vederla dal vivo. E, per alimentare un poco di ottimismo, ricordatevi che con questi solo due mesi fa abbiamo fatto una delle tante nostre quesi vittorie.

Un paesone di un milardo di anime

Come può un paesone di un miliardo di anime non amare il rugby? Parliamo dell’India, stato che brilla in alcune discipline come il cricket o l’hokey su prato ma che latita in molte altre (alle recenti Olimpiadi brasiliane ha collezionato solo un argento e un bronzo). Varie sono le ragioni, in particolare di natura economica, per cui molte discipline sono nel gigante d’Oriente quasi sconosciute, però piano piano il rugby si sta aprendo una porticina nello stato, e anche in modo importante dal punto di vista del riscatto personale, come dimostra questa bella storia che arriva da Calcutta (e complimenti anche per le maglie oltre che per il progetto…).

Foto copy Stefano Del Frate (https://www.flickr.com/photos/stefanodelfrate/, http://www.stefanodelfrate.com/).

joseph k.

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