Medi e bassi, forse si dovrebbe descrivere così l’oscillazione delle nostre squadre tra una settimana e l’altra. Se fossimo totalmente corretti dovremmo parlare di “alti e bassi” dato che effettivamente quest’anno quanto si vede in campo è sicuramente migliore (in particolare lato Zebre, anche considerando la rosa striminzita): ma poi arrivano le prestazioni in cui, come una volta, si sale tutti sulla nave con le falle, aspettando aspettando l’inevitabile affondamento. E ci pare di assistere alla temuta regressione, fatale, quella che non vorremmo rivedere mai…
The Bad
Zebre 2.0. Può esistere un team di rugby di soli 23 giocatori? A rugby può esistere il concetto di “titolare” come in altri sport? La risposta è chiaramente negativa: le rose del rugby moderno richiedono ampiezza e folta copertura in tutti i ruoli. Gli infortuni sono sempre dietro l’angolo, i cali di forma fisiologici.
Insomma non diciamo che vorremmo avere quelle rose di cinquanta, sessanta, con magari dietro un’accademia a dare ulteriore “materiale umano” nelle finestre internazionali, che hanno i top team di campionati per budget imparagonabili ai nostri. Ci basterebbe avere una quarantina di giocatori affidabili, così da non costringere alcuni soliti noti agli straordinari.
E’ l’antico tema della coperta corta, ma è anche il tema delle scelte degli stranieri giusti e della costruzione della sicurezza ambientale: scommettiamo, ad esempio, che le attuali Zebre federali, con questo gioco e questa minima sicurezza di base sull’organigramma e la stabilità della società, siano certamente più appetibili, fosse solo per un rinnovo, di quelle dello scorso anno. Tanto che si parla del rientro già ora di Padovani…
The Good
Dean Budd. Il neozelandese della Marca è già stato premiato dalle nostre parti. Ci fa enormemente piacere quando uno straniero sottoscrive in toto un progetto e sembra sempre dare tutto in campo. Budd è un buon giocatore, torna utile anche in azzurro sia in campo aperto che nella gestione delle touche. La cosa che apprezziamo di lui è che non si nasconde dietro frasi fatte o nella retorica delle scusanti: anche in sconfitte brutte, come quella di questa settimana in coppa, parla chiaro e onesto e si mostra come un valente capitano servitore, uno di quei leader “by example”, come dicono i compagni di oltre Manica, che mostra la sua guida… guidando, con i fatti.
Far andare le gambette
Questo video ci dà una serie di pillole su un possibile manuale di Rugby Zen.
- Quando non puoi evitare il grandone che ti sta per piallare perché non girargli attorno?
- Se il tuo avversario ha più gambetta di te, usa il cervello e passa al sostegno.
- Se ti corrono addosso dritto per dritto tu scarta a destra o a sinistra ed evita. Evita il problema è un buon comandamento nel rugby (un po’ meno nella vita…).
- Se sono tutti schierati bene di fronte beh immagina il buco anche dove ci passerebbe solo una formichina operaia. Have a dream. Sogna il buco e lo troverai.
- Sei nei tuoi 22, si immaginano che andrai cauto cauto per un pick & go e poi liberare o per un bel calcione indo cojo cojo. E te no, sfrutta l’imprevedibile e parti, corri, corri Cullen…
Questi video sono belli anche perché ci fanno rivedere dei grandi del recente passato.
Una palla ovale
Sì certo meglio avere un campo, con le righe, l’erbetta tagliata bene e tutto quanto. Ma: i pali anche se non ci sono li puoi immaginare, più o meno sono a quell’altezza. Usi una porta da calcio se c’è, ci tracci sopra due righe nere alla distanza più o meno giusta. Se non hai le linee del campo, vabbè qualche bastone a fare da segnaposto. Insomma: alla fine anche in un gioco complicato come il rugby quello che serve davvero è la palla.
A voler ben vedere nemmeno quella se si ha un po’ di inventiva: ricordiamo un racconto di rugby giocato in spiaggia tra i Pacifici con bottiglie di Coca Cola riempite e personalmente abbiamo visto anche immagini di “rugby” giocato con una ciabatta, con tanto di umani che simulavano dei pali per le “trasformazioni” usando le loro braccia.
Forse quello che serve è solo lo spirito del gioco: voler stare insieme, divertirsi, inventandosi anche gli strumenti per farlo, quando non ci sono.
Come al solito World Rugby ci regala bei video dalle parti meno note di Ovalia. Come questo.
Foto: Sito web Benetton Rugby.
Manuele Grosso