Dopo un 3 sconfitte su 3, una seconda giornata da uleriori 3 sconfitte su 3. E se la sconfitta degli azzurrini è di un solo punto quella degli azzurroni è stata una dolorosissima slavina e pure le ragazze non sono riuscite ad entrare in partita…
The Good
590 mila povere anime. Un italiano su cento. Sono questi i coraggiosissimi che – davanti alla Tv – sono andati fino in fondo nella sadica visione del 9 mete a 1 che i verdi d’Irlanda ci hanno rifilato.
Sappiate, voi mezzo milione abbondante di visionari folli, voi che avrete ingoiato già altri bocconi amari e che questo è solo la continuazione della serie; voi amici di disfatta, compagni di sventura, voi che mal comune, dolore comune, voi supereroi catodici che ad ogni minuto che passava vi siete affossati nel divano.
Sappiate che non siete soli: altri nel vostro paesello, all’angolo del quartiere, accanto al tavolo nel pub, via chat nel commento sconsolato, in uno streaming ballerino in aeroporto, non eravate soli, altri erano con voi. Non smettete, non desistete, nonostante tutto: anche se lo spettacolo è molto penoso, abbiate il coraggio di essere gli ultimi a cedere, persino dopo gli uomini in campo. Sarà già un bel segnale, solo questo.
The bad
Peggiore sconfitta interna, 63 punti subiti, nove mete. Al minuto trenta del cronometro escono le statistiche, impietose: 89% possesso Irlanda, 88 placcaggi fatti dall’Italia, ripetiamo, alla mezz’ora. Bonus raggiunto ampiamente nel primo tempo, partita chiusa in un terzo del tempo totale.
Qualcuno dirà: la differenza è questa. Sì, può anche essere, questi han battuto gli All Blacks, mostruosi lo sono di certo, ma santa pazienza ovale 3 anni fa, non 200 anni fa, all’Olimpico noi li battevamo, e in campo c’era O’Driscoll, insomma non battevamo gli scartini dell’Old Quindicipolli Rugby o lo Scarsonia United.
Che è successo? Come siamo passati dalle sconfitte onorevoli all’abitudine al disastro, prima cominciando dalla Lega Celtica, prima le Zebre, poi Treviso, prima qualche volta, poi sistematicamente, arrivando anche a contagiare le prestazioni in azzurro? Come si è passati dai quasi playoff di Treviso all’attuale catastrofe? Non abbiamo risposte precise, si potrebbe aprire un trattato di rugbeutica (ermeneutica del ruby) che lasciamo ai più tennici di noi. Per questa settimana ci teniamo solo 23 giocatori ammutoliti e dietro di loro una nazione rugbystica che si muove tra disperazione e disfattismo e tentativi di trovare motivazioni (in senso causale e in senso finalistico).
Però ricordiamoci di novembre, di settimana scorsa, della partita dell’anno scorso di Parigi. Insomma, non può essere tutto così disastroso. Rialziamoci, torniamo almeno all’onore della sconfitta onorevole…
E la banda passò
Non è la prima volta che succede. Una volta addirittura la banda, che tradizionalmente quando esce dal campo suona, si mise a coprire con i suoi ottoni la haka neozelandese. Sabato la banda suonava durante il minuto di silenzio in memoria dell’ex 9 Bokke Van der Vestuhizen. Una figura non molto carina, forse basterebbe avvertire tutti di quello che in campo succede, succederà ed è opportuno fare. Gli stessi giocatori sono rimasti un po’ sorpresi, non si capiva se il minuto era iniziato, già finito, da farsi, fatto… Su queste cose occorrerebbe un poco più di occhio.
Chapeau
Guardate quanti erano a La Rochelle a vedere Francia-Scozia del Sei nazioni femminile. Noi abbiamo gioito, giustamente, per i 3500 di Jesi ma a la Rochelle lo stadio era veramente pieno e la partecipazione è stata splendida. Per altro in Francia quando si gioca in casa, si gioca in casa veramente. C’è una maggioranza di tifosi domestici, i quali sono dotati della loro bella bandierina e si fanno parecchio sentire. Che differenza rispetto al quell’Olimpico carico di gallesi…
joseph k.